venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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11 marzo 2014

settenarzo 2014

Fin dall'inizio del vostro cercare era affermato, implicito il fatto che per trovare si dovesse togliere. Nelle ricerche come la vostra, nella ricerca che l'uomo fa per trovare sé stesso, questo concetto è basilare; addirittura nella definizione, nella rappresentazione di ricerche di questo tipo, l'essere arriva quasi a lievitare, abbandonando quello che è il peso del proprio corpo, eppure...eppure la prima cosa che si cerca di fare di solito è quella di trovare qualcosa da caricarsi addosso cercando esempi, testimonianze, insegnamenti, pertanto ci si affardella ulteriormente, con l'intenzione di rendersi più leggeri. Si va a cercare quella che è la tecnica, la pratica, l'esperienza di chi ci ha già preceduto, se ne fa tesoro e la si porta a bagaglio; questo sicuramente nei primi tempi, quando il dubbio, quando la curiosità, quando l'essere impreparati creano timori. Oggi credo che sia più comprensibile l'idea dello sfrondare, del togliere; quello che credo a voi manchi sia la sicurezza, la percezione della bontà di questa strada e credo che per fare ciò voi dobbiate in qualche modo arrivare a cogliere ciò che già avete abbandonato, quelle che sono le fronde che avete scostato dal vostro vedere, quelli che sono i pesi che avete lasciato a terra per proseguire oltre. Solamente in questo modo, solamente attraverso la misura e la percezione della possibilità di poterlo fare voi potrete realmente realizzare ciò. Un altro motivo, che appartiene più a me: il fatto che ciò che voi avete abbandonato possa essere da me caricato, quasi fosse il modo, lo scambio perché voi possiate arrivare ad una leggerezza, consentendo a me la pesantezza della fisicità. Questo gioco, cercate di praticarlo; capire che cosa siete stati in grado, volendolo, di posare a terra, di abbandonare, di scaricare. Sono senz'altro alcune paure, alcuni timori che erano così grevi tanto da comprendere l'inutilità di quel peso..sicuramente paure date dalla non conoscenza all'inizio,ma sicuramente anche da un'incapacità di sentirvi testimonianza precisa di ciò che voi siete. Ma se per quanto riguarda i timori, le paure, è comprensibile e facile da cogliere, anche quelle che sono alcune certezze, alcuni punti fermi, alcuni “paletti”, come li abbiamo chiamati...arrivare a cogliere se qualcuno di questi sono stati da voi abbandonati, scaricati, alleggerendovi. Se già è avvenuto, allora è possibile, se già ne ho misura, allora posso; questo è il pensiero. Quali sono le cose che ho cercato di lasciare e non me la sono sentita di lasciare, quali sono le cose senza le quali ho avuto freddo, mi sono sentito solo e ancora le ho cercate, afferrate, strette forte a me...e non certo solo per le certezze, anche in questo caso le paure; molte volte la mancanza di una paura, di un timore, mi ha fatto sentire solo, incapace, disarmato? Quando si arriva a definire qual'è la strada, il metodo, la direzione giusta, bisogna anche sodare se il percorso è reale, se su di esso i miei passi si susseguono. Non è una battuta, non è banale il mio affermare che ciò che voi lasciate ha da me essere caricato, ciò che voi lasciate viene travasato. Io passerò dalla condizione dell'essere alla condizione del fare, in questo modo. Già vi dissi che io nascerò a vita nel momento in cui voi sarete pronti alla mia nascita; passa anche attraverso questo scambio, questo travaso, questo affidare. È alle persone che amiamo, che siamo in grado, disponibili e capaci di affidare ciò che noi riconosciamo pesi, ciò che noi affermiamo come parti sgradevoli, pesanti, buie. Trovarsi sulla cima di un monte e, allungando la mano, toccare quella di un altro essere che sopra di noi è capovolto e cerca di toccarci; due grandi forze impediscono il congiungimento, due grandi forze ancorano il movimento...ma finché vedo che chi sta sopra di me è capovolto, non sarò in grado di cogliere la possibilità di poterlo toccare; fintanto che io lo vedrò a capo verso il basso non potrò mai e neppure l'inversione porterà un equilibrio ma manterrà stabili le forze, le due forze che contrappongono l'incontro. Ciò che si trova sopra la nostra testa è quasi uno specchio e allungando la mano, trovare quella superficie fredda, rigida, convinti di poter afferrare una mano calda, salda, forte. Se capovolgo la mia figura ho il timore di cadere...il dubbio di non essere sorretti, ma ciò è perché rimane specchio quella figura che si trova sopra di noi; specchio quando tale non è, ma fintanto che noi proporremo ciò che è la nostra figura, il suo essere fisico, manterremo dall'altro questa superficie che riflette, fredda, dura, rigida. Per poterla toccare dobbiamo alzarci sulle punte; è faticoso, stancante, la possibilità di poter essere disequilibrati è grande e quello è il punto più alto che noi abbiamo raggiunto. La voragine attorno a noi si apre, ci risucchia. Potremmo anche decidere di piegare le ginocchia e accoccolarci al terreno, senza più desiderio, voglia e slancio.....