venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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23 luglio 2008

quattroluglio 08

Ancora, adesso io Emanuele per il cerchio, il cerchio spiritico.

Questa sera desidero, vi chiedo di poter andare tutti quanti subito in quella che è la nostra grotta…perché se è vero – come è vero – che essere medium di sé stessi vuol dire lasciare emergere, dare voce a ciò che emerge, si palesa,, spinge, urge, cerchiamo di farlo questa sera svincolandoci da quello che è il metodo, la prassi, il modo, cercando di porci là, quieti, in quel cerchio di luce per poter ascoltare…per poter ascoltare non la voce di Emanuele ma la voce di R. , di J. , di G. , di Fr. , di N. e di chi altro volesse dare voce alla propria presenza qui tra di noi, sia esso un amico non presente, sia esso un amico che veste abiti nuovi.
Ma non lasciamoci distrarre da attese, da situazioni, da modi, ma chetamene cerchiamo di entrare dentro di noi per portare al di fuori, al centro di questo cerchio sospeso in quel raggio di luce che cade dall’alto, quel raggio di sole, quella luce, quel colore che contiene tutto ciò che la luce è, tutti i colori che possono renderlo sospeso, visibile, palese, che faccia rumore, che faccia suono, che faccia parola…nella tranquillità del sentirci protetti, liberi.
Lasciamoci bagnare da questa luce che cade dall’alto e abbandoniamoci allo scorrere di quest’acqua che ci dilava, che rilassa, cheta, cessa l’attenzione dal nostro corpo.
Sentiamoci comodi, rilassati, in buona compagnia, in certa protezione, liberi da giudizi e da controlli.
Ciò che cogliamo e ciò che offriamo in questo corpo comune può essere espresso, detto. Lasciate tranquillamente esprimere ciò che vedete, ciò che cogliete, ciò che riconoscete. Offritelo.

Ciò che cerco è cosa che mi appartiene…che con l’inganno dei sentimenti, della bontà, dell’amore, mi è stato tolto. Io, proprio perché veicolata da quella richiesta, ho offerto completamente me stessa al furto, all’esproprio…ma per portare via ciò che mi è stato tolto mi convinsero che cosa giusta fosse, che dovere mio fosse di chinare il capo e accettare la privazione.
So per certa che ammettere questa mancanza mi porterà a rendere palese la mia condizione di errore, che solamente io so perché è avvenuto. A nessuno è consentito, nessuno ha la qualità per poter comprendere.
Ciò che cerco mi è stato tolto, ciò che voglio mi apparteneva, ciò che pretendo mi è dovuto.
È la berlina dei giudizi che mi fa paura, è la puzza del saccente che non è in grado di vedere…ciò che cerco mi è stato tolto, ciò che cerco mi appartiene.
Ritornarne padrona colmerà l’ansia, zittirà la paura. Dentro di me qualcosa inacidisce e questo degenerarsi traspare. Nessuno mai più, dopo la morte di mio padre, fu in grado di vedere, misurare, leggere ciò che io ero e sono. Ciò che cerco mi è stato tolto; null’altro, se non ciò che mi appartiene, desidero.
Mai più cederò alla lusinga della buona azione, perché certa sono che anche ciò che mi rimane mi può venire portato via. Ho freddo e sento che sempre di più faccio fatica a riscaldarmi; il tepore dell’essere con me stessa è distratto dall’urgenza di riavere ciò che mi è stato tolto.
Sento che i miei pensieri fuggono, costretti in un tubo…forzati dal desiderio di riavere ciò che mi è stato tolto.
Ciò che cerco mi è stato portato via da chi diceva di amarmi.
Attenta, guardinga….ancora temo il ridicolo.

D. (N) Possiamo aiutarti?
Ciò che cerco è solo ciò che mi è stato portato via, non desidero nulla che non mi appartenga già. Le anime buone sono quelle che mi hanno derubato, ammansendo la mia attenzione, il mio controllo, permettendo loro di penetrare in profondità per potermi meglio ferire e derubare. Mai più!
D. (N) E’ tutta la vita che ti porti dentro questo peso?
Ciò che cerco mi è stato portato via; ne ho bisogno, sono monca, parziale, sofferente, incapace proprio perché le mie migliori possibilità,i miei doni più ricchi, più gustosi, quelli che davano piacere a me e agli altri, più non li posseggo.
Non sono stata attenta, non sono stata buona custode, ma – sbagliando – ho ceduto.
Non desidero più gioia, piacere, condivisione. L’unica cosa che cerco è ciò che mi è stato portato via.

D. (N) E da noi cosa cerchi?
Cerco, sono certa che non siete stati voi e questo mi permette di tranquillamente cercare. Io non capisco bene dove sia stato portato ciò che mi è stato tolto…temo anche solo a definirlo…ma…ma forse, sì, certo, l’attenzione…sono capace di capire che non è una parte di me stessa che mi è stata tolta…un braccio, una gamba…ma la mancanza, un vuoto,lo spazio vuoto è reale, tangibile dentro di me….ma come colmarlo?
Sono certa però che ciò che cerco mi è stato portato via.

….attraverso il respiro riprendiamo contatto con il nostro corpo.
Accarezziamolo con il pensiero, riattiviamolo, vivo e attento strumento.
È importante che crediate nella possibilità di dare tratti di pennello su quella tela vergine davanti a voi, renderli visibili anche agli altri, attraverso la parola, attraverso il racconto, l’immagine.
È la delega del ruolo che impedisce….