venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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19 marzo 2008

quattordicimarzo 08


Ancora, adesso io Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

È mia intenzione continuare il discorso riguardo allo spirito guida, e mi accorgo che quanto più facevo fatica a parlare di questo argomento, tanto più oggi capisco che proprio questa fatica dava la qualità – per me – dell’argomento.
C’è una cosa che probabilmente dovrebbe essere chiarita e che probabilmente non sono stato in grado di farlo fino ad ora…e riguarda la figura dello spirito guida per noi che siamo disincarnati, per noi che siamo trapassati, morti.
Questa figura non esiste più, per noi che siamo trapassati, non esiste più proprio perché la condizione che noi oggi vestiamo – non legata alle sembianze umane, alle caratteristiche umane – ci avvicina all’essenza, alla realtà dello spirito guida, ne abbiamo per forza di cose preso coscienza di questo nuovo abito, di questa nuova veste che oggi indossiamo.
Se per l’essere incarnato la figura dello spirito guida rimane, come già vi dissi qualche tempo fa, la definizione, la spiegazione, l’immagine di quella che è la fede nel mondo aldilà della morte, per noi che la morte l’abbiamo superata e quella soglia abbiamo varcato, il bisogno non esiste più di dare immagine a questa nuova condizione, a questo nuovo modo di essere, a questa nuova vita.
Divenire spirito, divenire disincarnato, ci porta a fare parte, ci porta a divenire cosa unica. È vero, in qualche modo portiamo con noi l’individualità, retaggio di quella che è stata l’esperienza terrena, per quei giorni, per quel tempo che ci accompagnò a fare quel cammino che per qualcuno fu una corsa e per qualcun altro una passeggiata. Proprio questo fardello che portiamo con noi ci crea qualche difficoltà a questo divenire cosa unica, a vestire veste nuova.
C’è un’immagine che, per quello che io sono oggi, è divenuta più chiara, più reale.
Si è sempre cercato in molti testi sacri, in molti libri si parlò di ciò che avverrà dopo la morte terrena, si cercò di dare immagine e dimensione, questo per aiutare, per preparare a quella che deve essere la morte terrena.
Io fui istruito in modo particolare su un libro…io fui prete, già ve lo dissi, fui prete avviato in giovane età, pertanto subii in qualche modo l’educazione, l’informazione, l’addestramento, l’istruzione…e il filo conduttore era un libro, un libro preciso, vale a dire il Vangelo, l’esperienza del Cristo.
Io ero in grado, da prete, di declamare quelle parole; ero in grado, attraverso quelle parole, di esprimere la forza, la potenza, l’Onnipotenza di Dio, utilizzavo quel libro come strumento, a volte arma, per rafforzare questa affermazione, questa fede. Oggi non ho più questa esigenza ( ma già da vivo non ebbi più quell’esigenza) ed ebbi la possibilità di vedere, comprendere in modo migliore, caricare in modo più completo e più profondo in me quelle parole che io ancora oggi credo siano parole ispirate di un essere, di un uomo che fu guida…e credo con forza anche se a volte mi dissi, la mia era presunzione – quella di credere che il Cristo fosse il mio spirito guida- ma oggi sono certo che non era presunzione, io sentivo forte in me questo sentimento, questo mio affidarmi.
Se, da prete, io affermavo questa convinzione per dare smalto, per dare rilevanza alla mia figura all’interno di una gerarchia, dopo che presi coscienza, dopo che ci fu la mia grotta di Qumran, io rimasi fedele a questa mia convinzione della figura di guida che fu il Cristo. Ma oggi sono in grado con più tranquillità, lentezza, accettazione, di comprendere quelle parole scritte in quel libro.
Io credo che ci siano molti livelli di comprensione del messaggio del Cristo, ma non solo del messaggio del Cristo in quel libro che io amo e che è il vangelo, ma esistono moltissimi altri libri ispirati che sono in grado di dare immagine, dimensione a quella che è la realtà del Disegno…ma torniamo a quello che fu per me.
Non posso fare miei tutti quanti i libri perché perderei la mia vita in questa sciocca ricerca. Io la scelta la feci e la ribadisco continuamente, in ogni momento, certo della bontà di questa mia scelta.
Limito, cerco di isolare, non disperdere lo sforzo; lo facevo allora,da essere che aveva trovato intuizione. Oggi è già più difficile definire in questo modo la mia ricerca, ma sicuramente lo fu da uomo che aveva in qualche modo riconosciuto la propria essenza e il proprio legame …ma non voglio allontanarmi…
Vorrei cercare di utilizzare un’immagine per cercare di spiegare come oggi io interpreto quest’immagine…e l’immagine è quella del Lazzaro, che fu …come spiegarlo…
Chi scrisse la storia di Lazzaro parlò della resurrezione dalla morte di Lazzaro. Lazzaro era morto quando il Cristo era lontano da lui; Lazzaro era un amico del Cristo, un caro amico…e quando morì Lui si trovava lontano. Ricevette notizia dalla sorella di Lazzarone Lui non si affrettò a tornare al funerale di Lazzaro, ma lasciò passare tre giorni prima di decidere di tornare per affrontare , per partecipare la morte di Lazzaro.
Questo suo tardare fece infuriare chi lo avvisò della morte dell’amico, tanto che gli disse: “Se tu fossi stato qui Lazzaro non sarebbe morto… avresti potuto salvarlo, impedirgli di morire, ma tu eri lontano e torni quando già la puzza della sua carne marcia ammorba l’aria”…
Il Cristo si arrabbiò di una rabbia, di una rabbia così forte da far saltare la pietra del sepolcro, e intimò a Lazzaro di uscire.
I due amici non si salutarono neppure…Lazzaro non ringraziò il Cristo.
Cosa fece veramente il Cristo? Riportò alla vita, riportò alla sua situazione di uomo l’amico Lazzaro?
No. Svelò semplicemente che la morte non esisteva.
È vero, Lazzaro trovava ancora sulle braccia e sulle gambe tracce delle bende che l’avevano avvolto nel sudario; quelle bende non sono altro che quel bagaglio di cui vi parlavo prima, delle tracce che lui si era portato con sé di quella che fu la sua vita terrena…lugubri brandelli che penzolavano.
Chi raccontò disse che i due se ne andarono senza parlarsi, e io credo che non sarebbe stato possibile che potessero parlarsi, perché se ne andarono come cosa unica.
Il Cristo svelò la vera essenza della morte; Cristo non fece altro che invocare con vesti diverse l’essenza di Lazzaro.
Io credo che ciò che voi, noi, facciamo qui in questo cerchio, non sia altro di ciò che fece il Cristo.
Non fu miracolo, non fu una magia, ma svelare la reale essenza delle cose, la non-morte di Lazzaro, ma solamente la trasformazione dell’amico.
Quando voi evocate un’entità in questo cerchio, non fate altro che ciò che fece il Cristo per Lazzaro. Il Cristo ebbe provocato, costretto a rabbia, perché solamente in questo modo lui si svelò di fronte agli amici che stavano attorno a lui, per quella che era la sua possibilità di rendere comprensibile la realtà…mostrò ciò che avviene dopo la morte e la reale consistenza della morte.
Si disse che fu dopo questo suo atto che la chiesa, i preti, decisero di ammazzarlo, e questo perché svelò la vera libertà dell’uomo. I preti non potevano più costringere, imbavagliare, imbracare l’uomo perché la realtà del Lazzaro dimostrava la grande libertà dell’uomo: l’uomo non è costretto dalla morte, l’uomo non è limitato dalla morte, ma è la visione che noi diamo ad essa che ci stordisce e ci rende incapaci di vedere.
I preti decisero di ammazzarlo e credo anch’io che fu quello il vero momento in cui decisero di liberarsi dell’uomo Cristo.
L’uomo è libero, non è vincolato dalla morte. La resurrezione del Lazzaro non fu un miracolo, ma la reale visione della verità. Nel momento in cui il Lazzaro tornò e si mostrò, non aveva più bisogno della guida che era Cristo; lo stesso Cristo perse definizione, come Lazzaro perse individualità…più lui non era, difatti nei Vangeli più di lui non si parla, svanisce, non è più importante che ci sia, perché realmente il Lazzaro svanì per divenire qualcosa di più grande che lo faceva divenire unica cosa, unico corpo con lo stesso Cristo che fu la sua guida.
Io credo che tutto quanto sia oramai stato spiegato.

Essere in grado di comprendere è dato all’uomo e alla capacità che ha lui di leggere ciò che avviene e ciò che è avvenuto. Lo sforzo è quello: comprendere sempre di più e in profondità e al meglio ciò che incontriamo, sia esso un libro, un incontro.
Sto forse esagerando, ma sento che questa mia lettura è per me importante.
Le bende che Lazzaro si trovava sulle membra le abbiamo già misurate su S., su A., sulla stessa C.; questo suo bisogno di amare e di essere amata appartiene alla vostra dimensione, al vostro essere uomini.
Io posso affermare con sicurezza di non aver bisogno del vostro amore e neanche di aver bisogno di amarvi…non so nemmeno più come si fa o come si potrebbe fare.
Questo sentimento che riteniamo puro, nobile…non sono altro che tracce di bende, di linimenti, sopra le braccia di un morto. Ma ciò compete alla mia realtà, alla mia veste, al mio essere, ad Emanuele, non certo a voi…e, se volete far sì che dopo la vostra morte il vostro corpo non sia impedito da lacere vesti, cercate di amare e cercate di essere amati in questa che è la vostra stagione, la vostra occasione.
Dovrete gioire quando non incontrerete più in questo cerchio C., con una voce, con un messaggio, con un suono.
Dovrete gioire nel momento in cui più non dialogherete con lei, perché in quel momento C. sarà in voi, assodata, profonda, intima.
Un’ultima cosa riguardo agli amici, ai parenti trapassati.
Non ho affermato che fosse sbagliato, che fosse un errore, che fosse falso che si presentassero, anzi, sono accanto a voi, non vi è dubbio…quantomeno vivono per ciò che sono le vostre aspettative, i vostri bisogni, non vi è dubbio, ma sono reali.
Essi si presentano in modo particolare quando la morte si avvicina, così come è successo per C., perché chi si sta preparando alla propria morte ha bisogno di dare dimensione a quello stato che ci sarà aldilà della soglia e nel momento in cui si prenderà coscienza di questo passaggio e il movimento verso la morte diverrà più preciso, scandito, tanto più avremo bisogno di definire con immagini, volti, situazioni, ciò che ci aspetta aldilà…ma ciò è bene, è buono.
A volte è indispensabile per non impazzire..questo cercare di definire, di connotare, di immaginare chi ci aspetta oltre la soglia è buono, è reale, è vero.
Abbiamo bisogno di afferrare qualcosa appena saremo oltre, ma tutto ciò è umano, comprensibile.
Esiste uno spazio affollato attorno a noi, non smetterò mai di dirlo, e non abbiate pudore, timore, a cercare di dare volti, suoni, immagini, voci, allo spazio che si trova attorno a voi.

Cerchiamo la catena ora.
Sia per noi,per questo cerchio, sia riequilibrio.
Cerchiamo gli amici che con noi la compongono, cerchiamo gli amici più cari, facciamo loro spazio, pronti a ricevere da loro e a donare a loro.
Sentiamo l’energia che percorre questa catena, un’energia buona…lasciamoci colmare fino a che, sazi, la possiamo offrire a chi accanto a noi si trova , dando in questo modo movimento.
Visualizziamo la candela al centro dello stagno, sia il punto che ci attrae, ci unisce………..

Lasciamo ora. Ringraziamo gli amici che sono stati con noi, grati della loro presenza…


È tempo, è tempo per me ora di terminare.
A voi tutti il mio saluto, arrivederci.