venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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08 febbraio 2007

duefebbraio 07

Ancora, adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

L’essere incarnato, l’uomo, l’uomo che vive ancora, che decide, che sceglie, ha quel tesoro, quella cosa preziosa che si chiama libero arbitrio…ma va usato con capacità, con abilità.
Se il libero arbitrio deve essere utilizzato solo a protezione, a proteggerci da quello che c’è al di fuori di noi…noi non esprimiamo il L. A. , noi ci fermiamo molti passi prima di arrivare all’espressione del L. A.
Mi accorgo che sempre di più l’uomo è a protezione di sé stesso, è a protezione da ciò che avviene al di fuori, attorno a lui, e questo suo essere assediato all’interno della propria bolla non gli permette di poter esprimere veramente il L.A.
Il L. A. non serve a decidere per ciò che avviene al di fuori di noi, il L. A. serve per decidere ciò che per noi, nei nostri confronti, per noi stessi deve essere. Essere continuamente a protezione da quello che ci sta attorno, da quello che c’è fuori di noi, disturba, spreca energia, ci impedisce di utilizzare per noi stessi quell’energia che siamo in grado di cogliere, di produrre, di rendere attiva.
Non è importante ciò che succede intorno a noi, non è importante ciò che gli altri fanno, è importante ciò che noi facciamo, è importante ciò che noi mettiamo in campo nel confronto con gli altri. Il confronto non può essere sempre ideale, non può essere sempre perfetto; il confronto serve anche a scuotere, a provocare, a ferire, a provocare dolore, sofferenza…ma anche di questo l’essere ha bisogno, anche di questo l’essere ha bisogno per poter esprimere sempre più compiutamente ciò che è il proprio L. A.
Se il L.A. serve solo a scegliere a priori, non è esprimerlo; se il L.A. serve solamente a impedirci di avere il confronto con gli altri, non è L.A. Se il L.A. serve solamente a isolarci, a rinchiuderci in questa bolla..se il L.A. serve solamente a far sì che le pareti di questa bolla siano solide, impenetrabili, opache alla vista, impermeabili….ciò non è esprimere L.A.
Il L.A. viene espresso nel momento in cui ci poniamo in campo, nel momento in cui noi diveniamo liberi, sguarniti, vulnerabili. La protezione logora, la protezione ci preclude la possibilità, la protezione ci fa perdere tempo, la protezione è …sciocca.
Non è importante ciò che avviene al nostro corpo, non è importante ciò che avviene alla nostra mente; l’attenzione va rivolta all’interno di noi, l’attenzione va portata in quel punto sempre più piccolo che è il centro della nostra bolla, l’intima essenza del nostro essere.
È lì che dobbiamo porre l’attenzione, è cogliere ciò che avviene a questa nostra essenza nel confronto con gli altri, capire i cambiamenti che avvengono, capire i movimenti che avvengono all’interno di noi… farne tesoro, riconoscerli. Se rimaniamo attenti solo a ciò che ci sta attorno, non saremo mai in grado di intravedere il vero cambiamento, la vera conversione. Se aspettiamo che la conversione venga attorno a noi e noi possiamo ad essa accodarci, mai avverrà questa conversione.
La conversione è esprimere il L.A. per ciò che ci riguarda, la conversione è un’inversione di tendenza. Le paure sono figlie di questo proteggerci, e tanto più ci proteggiamo tanto più abbiamo paura e, di conseguenza, cercheremo migliori modi di proteggerci. Le paure non ci appartengono, sono difese, sono barriere poste in atto a celare ciò che siamo veramente.
Sono sempre stato convinto che parlare di ciò che è la mia visione possa distrarre.possa creare difficoltà di comprensione, ma ho sempre detto che anche la mia voce, la mia stessa voce in questo cerchio, non è il modo migliore per permettere che questo cerchio diventi veramente, concretamente, un cerchio spiritico.
Ancora e sempre di più la vostra attenzione su ciò che io esprimo, sulle mie convinzioni, su quello che è il mio modo di vedere, su quella che è la mia strada, su quello che è il mio cammino, ma tante volte vi ho ripetuto che non è l’unica vera via, il mio modo di liberarmi, di esporre, di parlare con voi per quella che è la mia visione, è per darvi un esempio…. Io non esprimo concetti, esprimo una via, un modo.

Sicuramente ognuno di voi vive la propria ricerca con colori, suoni, sfumature diverse, ma ancora in voi esiste il timore che il fatto che il vostro modo di vedere sia diverso da ciò che è il mio modo di vedere o quello di un altro, e possa essere non capito, frainteso, rifiutato.
È sulla strada che desidero convergenza, è sul metodo, è sul modo… non certo sul concetto, sul credo.
Io non desidero che in questo cerchio si parli di E.; io desidero che in questo cerchio si parli di ognuno di voi, con un nome preciso, un desiderio proprio. Credere nella possibilità, credere nell’occasione, è sempre stato il mio stimolo ed è il dono che vorrei che voi poteste cogliere in questi nostri incontri.
La protezione dagli urti alla bolla ancora dovrei cercare di chiarire. Qualche tempo fa vi parlai della sofferenza e, tra le altre cose, vi dissi che molte volte l’essere cerca la sofferenza, la sceglie , la da come soddisfazione a un proprio bisogno.
Certo, è difficile credere che coscientemente un uomo possa decidere di soffrire, di ammalarsi, di provare dolore e di morire.
Io,allora, portai la mia esperienza come esempio, e anche quella del Cristo ma, credetemi, è possibile per ognuno di voi. Torno a dire, è difficile pensare che coscientemente, che serenamente si possa decidere di voler soffrire, ammalarsi, provare dolore, ma a livelli più profondi, che vanno al di la di quella che è la visione mentale e corporale, l’uomo può arrivare a decidere per sé la sofferenza, il dolore, la malattia.
La vita terrena è una stagione, ma in questa stagione strumenti potenti vengono dati all’espressione del L.A…. e se sempre con attenzione sarete a protezione del vostro essere fisico, potrà succedere che un giorno il vostro essere più profondo decida per voi la malattia, il dolore, la sofferenza.
Non voglio andare oltre, ma tenete presente ciò che vi ho appena detto e che già vi dissi qualche tempo fa; fate che risuoni in voi, cercate comprensione a quello che vi sto dicendo.
Prima di andare ancora una cosa desidero dirvi riguardo alla nostra condizione di disincarnati. Io l’ultima volta vi parlai di bagagli che portiamo con noi. Sono bagagli, legami , fili perfetti e preziosi che ci legano ad esseri incarnati, che non per forza hanno un nome e una condizione precisa. Sono legami che rimangono e ci tengono per qualche modo legati alla vostra dimensione; sono legami ai quali noi dobbiamo dare senso , dobbiamo effettivamente impugnare, se non più con delle mani fisiche, ma con un’attenzione, con una decisione che ci porti a porci nuovamente in campo, a dover scegliere, a dover volere qualche cosa.
Cercare di spiegare ciò che è volere, per noi, è sicuramente difficile, ma ancora ci è dato di scegliere e questo nostro scegliere passa attraverso al confronto con gli incarnati, attraverso il messaggio , attraverso il nostro sforzo di spiegare ciò che è il nostro credere, perché questo spiegarlo a voi, questo cercare di chiarirlo, renderlo concreto, ci pone a un confronto, cosa che noi sempre – riguardo alla protezione- non abbiamo mai posto in atto.
Per ciò che mi riguarda, torno all’esempio del processo.
Io sicuramente, prima di essere accusato trovai un tesoro; ma quando ebbi l’occasione di aprire il che lo conteneva, io non feci altro che tenerlo chiuso, serrato, cercando di magnificare quanto era bello quel cofano che conteneva il mio tesoro, pensando che chi mi stava giudicando non fosse in grado di comprendere…
Oggi il mio tesoro è sparpagliato qui di fronte a me, un pezzo da una parte, un pezzo dall’altra e io sto sforzandomi di rimetterlo assieme affinché possa avere quella definizione che io avevo colto in quella grotta, ma la mia fatica è grande; appena ne raccolgo un brandello da questa parte, me ne casca uno dall’altra e l’immagine rimane smembrata, come stracci di un prezioso arazzo. Questo è il filo che mi lega a voi. Io dovrò essere in grado di far cogliere ai vostri occhi, alla vostra mente i colori di questo arazzo, la sottile trama che lo lega, il messaggio che così bene esprime.
E credetemi, a volte dubito di essere nuovamente in grado….però, son certo, l’immagine che colsi è dentro di me e nessuno me lo può portare via, ma non è sufficiente che io l’abbia colta e che gelosamente la stringa tra le mie braccia. Sono quei cenci, quei brandelli che davanti a me si trovano, che io devo recuperare, cucire….
Non esiste in me paura, timore di non riuscire. Sono certo di poterlo fare perché già io posseggo questa immagine, ma ciò non basta.

Non desidero parlare di C. e del rapporto che ho con lei. Distrarrebbe solamente, creerebbe confusione.
Vi invito al corpo comune per lei,e che sia forte e saldo. È tempo per me ora di terminare, a voi tutti il mio saluto. Arrivederci.

Ancora, io adesso, A. per il corpo comune. Cerchiamo subito la catena, l’immagine del nostro essere insieme, cerchiamo di visualizzarla.
Cerchiamo gli amici che con noi la compongono, cerchiamoli, chiamandoli per nome, chiedendo a loro aiuto affinché possano essere con noi a rendere forte e salda questa catena, capace, potente, sicura.
Chiamiamoli per nome, cerchiamo i loro visi, certi della loro capacità, del loro aiuto.
La candela, al centro della nostra catena, la candela di C., la nostra amica C.; la luce ne illumina il viso. Cerchiamolo il suo viso, guardiamola negli occhi, cogliamo la sua richiesta; sentiamo l’energia che percorre questa catena, lasciamoci calmare e offriamola all’amico che accanto a noi si trova………………………………………………………………………………………………
Portiamo ora accanto a C tutti i nostri cari che desideriamo aiutare, facciamo in modo che la luce della candela ne illumini il viso, lo renda riconoscibile. Che il nostro corpo comune sia anche per loro. Lasciamo ora C, visualizziamo lo spazio all’interno della catena, il nostro prato fiorito, spazio di pace. Lasciamoci andare in esso, certi di essere riconosciuti e accettati………………………
Ringraziamo gli amici che con noi sono stati, grati della loro presenza…………………………

Desidero dirvi anch’io qualcosa riguardo al sogno e a ciò che attraverso il sogno ero capace di cogliere. Io ho riconosciuto in me una grande dote, che era quella del dipingere e ho cercato molte volte di comprendere da dove venisse questa mia capacità.
Io sognavo di dipingere e tanto più il mio sogno mi portava a dipingere un bel quadro, un quadro che mi piacesse, tanto meglio al mio risveglio riuscivo a buttare quelle pennellate sulla tela, quasi in trance a volte ho dipinto, e sono stati probabilmente i miei migliori prodotti.
Arrivai a credere che dovessi in qualche modo stordirmi per poter meglio esprimere quella traccia che anche gli altri finalmente avevano riconosciuto in me, ma mi era difficile accettare di dover superare ciò che era A, di doverlo in qualche modo rinchiudere, zittire; però mi accorgevo che quanto più ero stordito, tanto meglio esprimevo quello che gli altri consideravano bello.
Oggi capisco che quanto più mi avvicinavo a quello che è il movimento originale, tanto meglio esprimevo ciò che era il mio sentire in quella condizione. La gente ama ciò che si avvicina alla perfezione…e la perfezione è sicuramente quel movimento naturale di cui ci ha parlato Emanuele.
In fondo l’arte, in fondo la bellezza, non sono che una minima misura, una flebile traccia di quello che è il movimento originale.
Probabilmente i grandi artisti erano in grado di cogliere meglio di me la visione; il movimento naturale, per me, deve avere dei colori, dei tratti che assomigliano molto ad un campo fiorito.
Vorrei tanto poter sognare ancora e dipingere il mio sogno…………………………………….

Vado ora, un bacio a C e a voi tutti, amici.