venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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21 novembre 2010

DODICINOVEMBRE 2010

L’uomo, l’essere incarnato, è la sintesi e l’unione di tre componenti. È un’affermazione che ormai è divenuta stabile, che non ha più bisogno di essere spiegata, che viene accettata tale e quale, ma credo che anche questa affermazione vada in qualche modo ogni tanto verificata e assodata.
Pertanto il cercare di spiegare ancora nuovamente che l’uomo è l’unione di tre componenti è necessario.
La visione, abbiamo detto, la visione che voi dovete cercare di creare, definire, riconoscere come propria, è quell’immagine che porta l’insieme delle tre componenti a creare l’accettazione e il cedere a quello che sarà il passaggio a una dimensione diversa da quella fisica, da quella umana.
L’uomo, quando nasce, esprime per prima la componente fisica, è essa che dà i tempi, le esigenze, i bisogni di quel bimbo che diviene uomo. Sempre di più diviene un corpo, un fisico sempre meglio affinato, cresciuto, l’affermazione di esso è importante, il riconoscimento della componente fisica, pertanto questo corpo, macchina che sostiene, che permette all’individuo di muoversi nel tempo e nello spazio.
Successivamente è la mente che prende il sopravvento, la guida, dà i dettami, dà le regole, dà le scelte, le logiche che portano il vivere dell’uomo nel suo progredire e – come abbiamo detto – alla fine queste due componenti così affinate, rese potenti e capaci, devono giungere a cedere a quella che è la componente più sottile, primitiva, originale, di rimanere tale e unica forza e riconoscimento dell’individuo nel passaggio a quella che è la dimensione aldilà della soglia.
La visione è quell’arazzo che permette alla mente di condividere quello che è il percorso che porta a quel passaggio che non è più la fine di tutto quanto ma è la trasformazione, la trasfigurazione in qualcosa di diverso anche se comunque originale e preciso in quella che è l’identità dell’uomo quale nacque, al momento della propria incarnazione.
Affinché questo passaggio avvenga e il passaggio non divenga una violenza, una costrizione, un’impossibilità di fare nulla per poterlo evitare, ma divenga anch’esso una scelta di libero arbitrio, la mente ha bisogno di poter condividere questa destinazione , questo suo cedere.
Se per quanto riguarda la componente fisica, che è quella che per prima ha dettato la propria presenza dopo la nascita di quell’uomo, se per essa diviene normale e semplice perché con l’avanzare dell’età anche il corpo stesso va a cedere per forza di cose, per fisicità precisa, cedere quella che è la sua presenza e la sua possibilità di essere…per la mente diviene indispensabile creare quella visione che possa permettere una scelta di libero arbitrio condivisa da quella che è la mente, da quella mente logica capace di elaborare, di dare propria presenza in quella che è stata la scelta di libero arbitrio. Non è mai incosciente la condizione di superamento della individualità; è indispensabile che la mente condivida questo passaggio che prevede l’annullarsi, lo spegnersi quale componente attiva del divenire dell’uomo.
Penso che sia quasi impossibile, già ve lo dissi, già lo affermai più volte, che è quasi impossibile creare logicità in quella che è la destinazione dell’uomo aldilà di quella soglia…ma creare visione affinché qualche riscontro, qualche cedere a quella che è la fiducia, alla fede in un disegno, può essere possibile se quella che è la ricerca e la preparazione coinvolge la completezza dell’essere.
L’uomo porta l’integrità di sé stesso al passaggio, l’uomo non può credere che la mente possa impazzire al momento del passaggio, affinché sia meno difficile, traumatico…. Per quella che è la condizione normale del progredire di un uomo, la capacità di cedere della mente, se ad essa è data visione, anche logica, comunque condivisibile, di quello che sarà il passaggio. Non è tempo sprecato cercare di coinvolgere anche la mente in quella che è l’elaborazione.
Torniamo a quello che è il concetto del male.
Una delle cose più difficili per la mente, vi dissi, è di arrivare ad accettare che anche la sofferenza, il torto, l’incapacità di comprendere possano essere cosa buona e giusta.

So per certo che questa mia affermazione in qualche modo sia stata accettata anche dalle vostre menti, che l’abbiano presa quale affermazione buona…ma mai verificata fino in fondo.
Verificare questa mia affermazione che anche il male può essere cosa buona e giusta, verificata fino in fondo, vuol dire davvero scrollare quelle che sono le radici di quell’albero, ma se ci fermiamo alla superficie di questa mia affermazione senza far sì che questa affermazione divenga misurata da quello che è il vostro essere integro – pertanto anche dal vostro essere mentale – ben difficilmente questa accettazione verrà assorbita senza grossi traumi, senza crisi, senza dubbi, senza ribellioni a questa che io credo sia una delle provocazioni più grandi.
Quando io affermo aspetti di male in voi, il primo vostro tentativo è quello di cercare di allontanare da sé, mai cercare di verificare, di misurare l’affermazione come se visione buona, sgombra, fosse.
La provocazione ottiene un irrigidimento della bolla, la provocazione è un urto, pertanto all’urto si risponde con forza, con rigidità, con rabbia a volte. Il male può essere cosa buona e giusta, il male che voi compite o che pensate anche solamente, condividendo a volte il male che qualcun altro fa, desiderando quasi di poterlo anche voi affermare, è cosa buona e giusta.
Dare senso a queste mie parole vuol dire creare una visione che dia alimento alla vostra mente, che dia motivo alla vostra mente di credere e se in grado non è di accettare logicamente, analizzando, scrutando, misurando…può essere un cedere in funzione di un credo.
La componente spirituale dell’uomo ha insita in sé la certezza che l’affermazione che anche il male possa essere cosa buona e giusta, ne è parte integrante,ne è misura precisa, ne è componente indispensabile; pertanto la testimonianza e l’affermazione di questa coscienza da parte della vostra dimensione spirituale è grande, è testimonianza pura che la mente non può non riconoscere. Ma se continuerà a cercare di analizzare, di volere in mille piccole parti scindere per scoprire la verità, ben difficilmente verrà ad accettare questa affermazione. È solamente un riconoscimento come parte integrante del suo essere, di quella che è la coscienza della dimensione spirituale, che farà sì che essa cederà alla consapevolezza di questa visione.
La visione è la traccia per la mente, la visione è lo strumento affinché possa essere consapevole di questa affermazione. Il male…dimensione, componente indispensabile dell’essere unico…………
La difficoltà che io sia grande all’interno di questo cerchio è quella di non avere misura precisa di ciò che è il male e della difficoltà a misurarlo. È sempre scontato, a volte, accettare l’affermazione di chi riconoscete più capace di voi; viene in qualche modo raccolta la visione dell’altro, accettata senza essere verificata, senza essere caricata. La difficoltà grande, la crisi profonda, avviene nel momento in cui l’urto del male vi coglie, si approssima a voi…tocca non necessariamente voi stessi ma chi voi amate e attraverso questo amore riconoscete comunione, cosa unica, condivisione.
È capacità molto grande, per l’uomo, poter condividere quello che è sofferenza, buio, incapacità di comprendere. Ben venga l’occasione, ben venga la costrizione a volte a dover fare proprio il male e la sofferenza.

Cerchiamo di essere assieme ora…cerchiamo il nostro stagno, il luogo attraverso il quale essere corpo unico, unica presenza. Dal centro dello stagno parte un’onda…è la traccia, la figura, l’immagine di quell’onda che tutti quanti ci tocca, ci unisce……………………………………..

Il cercare qualcuno che si è posto un poco davanti a noi, qualcuno del quale è stato riconosciuto il valore, la qualità della sua intuizione, ci permette di non sporgere quella che è la nostra figura al di fuori del sostegno delle nostre gambe e dei nostri piedi e il timore di non essere riconosciuti nel nostro affermare qualità, il valore del nome dell’esperienza riconosciuta ad altri, crea una difficoltà ulteriore. Lo sporgersi, certi di trovare qualcosa a cui aggrapparsi, se in qualche modo tranquillizza il timore e la paura, ci preclude la possibilità di sentirci nel vero disequilibrio, in quel disequilibrio scelto di un’affermazione grande, certa e sicura, di visione buona.
Non abbiate timore di sentirvi soli e da nessuno sorretti; la solitudine provoca la possibilità di esprimere ciò che è sopito, riservato. Ponete accanto a voi chi riconoscete giusto e buono, affermate il vostro diritto di non avere per forza qualcuno di fronte a voi, alla cui traccia accodarsi, col cui nome fregiarsi, nel timore di non essere riconosciuti.
Non ho timore di sentirmi solo; ho la certezza che tutti quanti sono con me: chi è già vissuto, chi ancora oggi cammina e pensa, ma anche chi ancora deve essere uomo, individuo. Affermo la certezza della mia essenza unica, originale, integra.
Per me, oggi, sporgermi è creare peso nelle mie mani, è sbilanciarlo, è quella che io credo sia la mia direzione……mai cadrò, perché certo sono che non possa avvenire mai.
Se ciò è affermare un credo non ho timore di giudizio.