venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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28 settembre 2010

ventiquattrosettembre 2010

Sono due i termini che credo dovremo continuare ad esplorare, a definire con più precisione, e sono l’amore e la verità.
Ciò che è amore – definizione tra l’altro che voi avete in qualche modo elaborato nel momento in cui ci si poneva la domanda “in quale modo poter aiutare”, la risposta scontata e facile, riconosciuta da ognuno di voi, era quella di rispondere che la persona che vogliamo aiutare ha da essere amata…- non deve parere che la mia affermazione che l’amore non esista se non al momento del completamento di ciò che è la matrice; l’amore ha comunque diversi gradi, e l’amore ricercato, l’amore desiderato, l’amore creduto quale strumento principe per poter avvicinare ed incontrare l’altro, rimane un’affermazione importante quella di credere che l’amore possa essere lo strumento.
Ma mio bisogno era quello di farvi capire che l’amore non può essere raggiunto, pertanto la ricerca di esso non ha mai termine.
Il bisogno di continuare a cercare, a far sì che sia perseguita, questa ricerca, far sì che l’amore divenga sempre più preciso, puro, puntuale, originale, è un bisogno che l’individuo ha perché è quella che è stata la sua nascita e ciò che sarà aldilà della morte la sua destinazione, l’amore…l’essere con. E cercare di fare questo, di realizzare a gradi sempre puri l’amore è sicuramente utile, è sicuramente buon modo di vivere. Amare ed essere con.
Vorrei cercare di chiarire bene e ripetere – perché so che già molte volte ve l’ho detto – che essere con vuol dire porsi in modo paritario quale simile e fratello. Io non amo colui che ha bisogno, io non posso amare colui che ha bisogno. Io non posso amare qualcuno che voglio incontrare.
Colui che ha bisogno viene posto su un livello diverso, in qualche modo inferiore a ciò che voi siete, voi capaci di aiutare… anche utilizzando l’amore per fare ciò; ma solamente porre i termini della questione in questo modo vuol dire far sì che l’amore non possa essere, si incanala la vostra energia in un tortuoso budello creato dalla mente…è vero – ve l’ho anche detto – esistono persone che hanno sofferenza causata da innumerevoli motivi e cause, ma solamente nel momento in cui li incontrerete quali simili e fratelli voi potrete veramente amarli.
I samaritani, coloro che si vestono di abiti candidi e si avvicinano con l’oro e la mirra non sono coloro che cercano di amare. Esiste un modo anche di amare colui che soffre; se sarete in grado di intravederlo, di leggere quello che è il momento propizio, potrà mai succedere come potrà succedere al primo istante in cui lo avvicinerete. Non è a voi dato di creare questa condizione, questo propizio momento magico.
Pensate sempre a come i bambini si comportano. In fondo, nella purezza delle loro scelte – che non sono semplicemente bisogni – esiste la traccia per comprendere quale sia il modo. Il bimbo è vicino a ciò che è stata la sua nascita, il bimbo ha ricordo dentro di sé di cos’era l’amore che ha lasciato e che naturalmente persegue attraverso le sue richieste, questo bisogno di essere abbracciato, questo bisogno di essere stretto, questo bisogno di essere quasi riportato all’interno di quello che è il corpo della madre attraverso il contatto fisico, attraverso il fondersi quale unica cosa.
Il bimbo non ha il bisogno, il bimbo non cerca affetto, il bimbo vuole ricreare quelle che erano le condizioni che – ancora latenti dentro di lui ma in qualche modo presenti – portano il ricordo di ciò che era la condizione ideale, il paradiso perduto. Amare…amare il proprio simile…amare il proprio fratello…
La libertà. La libertà, vi ho detto, è il testimoniare ciò che è l’essenza dentro di voi, ciò che è la matrice. Ma in quale modo viene essa fatta emergere e fatto sì che possa essere attiva e testimone in quelle che sono le scelte di ogni giorno che voi fate? È indispensabile che ciò che è la scatola possa essere in qualche modo superato…lasciare che gli schemi si elaborino naturalmente e automaticamente per poterli superare, per poterli…esserne liberi…vuol dire cercare risposte, esulando da quello che è il percorso mentale.

Mi è difficile arrivare a definire meglio ciò che è l’impedimento che voi portate alla possibilità di esprimere – libera – la presenza della matrice. Cercate di vedermi sempre come quel bimbo che pone i primi passi e che naturalmente esprime la matrice che è dentro di lui.
Ancora non sono perfettamente definite quelle che sono le componenti indispensabili all’uomo: la mente, il corpo. Voi, invece, maturi e maestri ormai siete di questi strumenti, che avete grazie al vivere affinato e resi capaci sempre più, quasi autonomamente, di gestire quello che è il vostro agire…decisioni prese senza pensarci, movimenti posti in atto senza che ci sia il collegamento, automatismi che scattano…
La vostra stagione, io credo, è una stagione che vi avvicina molto a ciò che era la situazione iniziale della nascita, già vi dissi anche questo, ma ancora desidero ripeterlo: non è una difficoltà, una debolezza scoprire che il proprio corpo e la propria mente cedano attenzione. Cercate di considerare come possibilità, come qualità, l’impossibilità d’uso di questi strumenti così capaci.
L’offuscare la possibilità e l’azione, a volte la lucidità e la precisione della logica possono essere davvero modo e strumento per poter cogliere un modo nuovo e diverso di esprimere la propria presenza nel vivere.
Indispettirsi cercando di creare allenamento, riqualificazione, potenziamento di quelli che sono gli strumenti fisici, non ha senso. Se arriverete a comprendere che il limite di questi e in qualche modo lo scadere, il degenerare, possono fare emergere possibilità nuove, diverse, capaci, di quell’essere capaci che mai la mente ha potuto rallentare quello che è il fare…cercare di percepire di più il divenire, il muoversi.
Ci sono suoni che la mente mai è stata capace di percepire e che ben riescono i bimbi, ad esempio….

Cerchiamo il corpo comune ora, cerchiamo di esserci, simili e fratelli, cerchiamo di liberare, sgombrare quelle che sono le nostre qualità, potenzialità…ma anche quelli che sono i nostri bisogni e le nostre debolezze. Cerchiamo di togliere – quali fossero abiti – poggiarli accanto, a terra, per poter entrare liberi, avvicinarsi allo stagno, quella superficie che ben conosciamo e che ci tocca tutti nello stesso momento, nello stesso luogo…e in quell’acqua cerchiamo di lasciarci andare, senza forza, senza timore. È un elemento che ben conoscete, che vi appartiene, è dentro di voi.
Dal centro dello stagno parte un’onda, lo stesso movimento che tutti quanti vi tocca…il vostro corpo che galleggia, inutile….la vostra mente incapace….