venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

16 settembre 2010

diecisettembre 2010

Una domanda. Una domanda opportuna e necessaria che non è sorta nel vostro dire di poc’anzi, ma credo galleggi all’interno di questo cerchio…e la domanda da porvi è: “ In quale modo, in quale veste, in quale condizione, in quale predisposizione ci si pone all’incontro? “ L’incontro con la persona che desiderate amare, e anche su questa affermazione vorrei essere un poco più chiaro.
Siccome anche voi avete ben detto che amare vuol dire essere con, condividere, essere cosa unica, la condizione perché la persona che voi incontrate sia la persona che desiderate amare è il desiderio di essere con lei, di condividere, di divenire cosa unica, corpo comune; pertanto se anche la persona che incontrate e che vi chiede aiuto riesce a provocare in voi questo desiderio di amare, di essere con, è la persona che voi desiderate amare, in questo caso è la persona che voi ponete quale contrapposto, quale controparte a quello che debba essere l’incontro.
Non necessariamente amare qualcuno vuol dire avere frequentazioni indispensabili, tempo, storia; anche la persona che incontrate per la prima volta in un attimo fuggente può essere la persona che voi desiderate amare, se tra voi e lei si pone questa necessità, questo bisogno, questo desiderio di essere con, di essere cosa unica, di creare comunione.
Torniamo pertanto a quella che doveva essere la domanda: qual è la risposta, in quale modo, con quale veste ci si pone all’incontro? La risposta che mi viene spontanea anche se difficile da definire meglio…la risposta è porsi in libertà.
Porsi in libertà vuol dire da parte vostra davvero porre in disequilibrio, abbandonando quelle che sono le certezze attraverso le quali naturalmente la vostra mente cercherà di creare strategie e modi, soluzioni…per cui da parte vostra essere liberi vuol dire essere – sì, davvero – in disequilibrio e liberi da quelli che sono i vostri scudi, le vostre armi, le vostre qualità, le vostre bontà, le vostre bellezze. Porsi in questo modo, porsi davvero liberi affinché l’incontro possa avvenire al di fuori, al di sopra e al di sotto di quelle che sono le convenzioni, le capacità, le potenzialità che riconoscete proprie, vostre…e non sono le vere potenzialità, sono semplicemente armi, sono semplicemente strumenti che voi avete affinato attraverso – sì – quelli che sono i capisaldi e le certezze su di essi, per cui il vostro sforzo di porvi liberi vuol dire davvero denudarvi da quelli che sono gli strumenti – se non vogliamo chiamarli armi – da quelle che sono le vesti – se non vogliamo chiamarle protezioni – ma porvi tali, disponibili, ricettivi affinché l’incontro possa avvenire.
Certo diviene spontaneo intravedere soluzione, intravedere capacità di offrire “aiuto” – ecco un termine che io non amo usare e che pochissimo uso – nel momento in cui avviene l’incontro mai c’è qualcuno che aiuta quell’altro che ha bisogno….l’incontro è paritario, l’incontro è libero, l’incontro è davvero in un equilibrio di condizione precisa, paritaria, simile, fraterna. Da parte vostra questo essere liberi, da parte di chi volete amare altrettanta libertà.
È facile che la persona malata oppure confusa, incapace di comprendere, sia un torrente in piena e nel momento in cui voi ponete disponibilità questo torrente scorra quale cascata, gonfio e pregno di acqua, che per tanto tempo contro dighe ha premuto e il vostro essere lì in quel momento, nella condizione di libertà, non fa altro che aprire queste dighe e lo scroscio diverrà insopportabile, incontenibile, e questi sono il non essere libero della persona che accanto a voi si pone e desidera essere amata.
Sempre la persona in difficoltà, la persona che subisce un disequilibrio forzato, costretto, continuerà ad elaborare quelle che sono le motivazioni e le cause che hanno portato questo disequilibrio; mai avverrà la libertà di esprimere ciò che il disequilibrio comporta per quella persona, e l’obiettivo è quello di porre davvero l’incontro sull’essere in disequilibrio e non su ciò che ha portato al disequilibrio. Prestate attenzione a quest’aspetto, credetemi, diviene un fiume davvero in piena il bisogno di esprimere quelle che sono state le cause e le motivazioni della sofferenza, che colui che la subisce la riconosce come tale e non come situazione di disequilibrio.
La libertà dell’altro avviene nel momento in cui scopre questa insopportabile zavorra, questo bisogno della mente di creare causa all’effetto che lo costringe in quella sofferenza che lui non chiama disequilibrio. La libertà per questa persona sarà quella di andare oltre affinché possa tranquillamente e liberamente esprimere ciò che avviene nella situazione in cui lui si trova, ricacciare quelle che sono le cause, far sì che scorrano e che decantino prive di forza e di energia, perché emerga quella che sia la situazione dell’essere in quel momento, in quel posto, in una situazione di incontro di due persone che vogliono amarsi.
È naturale che avvenga questo scoperchiare, questo disarcionare emotivo, è naturale che colui che in quel momento più libero si trova sia in grado di pazientare e intravedere il momento in cui insinuarsi nella sua condizione libera, nuda, precisa; allora l’altro sarà con sé portato, sarà l’incontro che avviene nella situazione dell’essere e non nel divenire, fermare il tempo, fermare lo spazio, riconoscersi in disequilibrio, con le mani che sorreggono a vicenda affinché non avvenga la caduta così paventata, così terribile, così pericolosa.
Essere liberi nell’incontro, permettere all’altro di essere libero nell’incontro. Sempre colui che subisce il disequilibrio, causato da una malattia o da una incapacità di comprendere, si affanna a cercare di rimuovere quelle che sono le cause. La mente disperatamente a volte cerca motivo perché nel momento in cui il motivo sarà afferrato potrà essere rimosso, ricacciato via, ma non è questo il modo. Molte volte avviene l’incontro attraverso la disperazione, l’incapacità di comprendere il modo di afferrare perché nulla di concreto può essere afferrato per essere rimosso, ma semplicemente quella non libertà ha da riconoscersi come intoppo, ostacolo, zavorra.
L’incontro avviene sempre nella libertà, nella nudità in qualche modo – usiamo anche questo termine – nella nudità di colui che si riconosce con abiti stracciati, con un corpo dolorante e sanguinante e dall’altra colui che si pone in abiti candidi, con le risposte in mano; questo non è un incontro, questa è una sciocchezza, questa è presunzione…da ambo le parti, indubbiamente…questo non è aiutare ed essere aiutati, perché nel momento in cui si riconosce una situazione di questo genere, di qualcuno che ha da essere aiutato, di qualcuno che può aiutare, già siamo attrezzati, armati, protetti e incapaci di essere liberi, di conseguenza…l’incontro mai avverrà; quella parvenza di amore che la comunione, l’essere unico definiscono, non avviene…ma la si ricaccia, la si allontana, la si vela, la si dipinge, la si costringe in anguste situazioni senza esito. Libertà è la risposta.
La libertà è un termine che ha da essere riconosciuto; per ogni individuo la libertà ha situazioni e connotazioni diverse proprio da quelli che sono capisaldi, le seggiole a cui il bimbo si aggrappa, grato del sostegno, grato della capacità di ergersi accanto ad esse…quasi utilizzando quella che è la rigidità e l’integrità. È un segno di debolezza, è un segno di immaturità.
Sforzatevi, in quello che è il nostro cerchio, di trovare questa libertà; la libertà però vi porta a non avere argomenti,, vi porta a non avere modi e motivi, vi porta a sentirvi smarriti, con nulla in mano… a volte incapacità di vedere, smarrimento nel sentirsi soli, non riconoscere il simile accanto a voi, ma il modo è sicuramente quello.
La funzione di un cerchio, di un gruppo, è anche quella di permettere ad ognuno dei componenti di porsi sguarnito, incapace…ma libero di comprendere e di vedere non attraverso degli occhiali, non attraverso lumi che creino definizione precisa, ma anche solamente percepire forme, suoni che non hanno senso se non quello di trovare echi dentro di voi, echi lontani…antichi…
È indubbio che lavorare troppo con quella che è la mente e la logica possa creare a volte disturbo…
È vero che anche continuamente sbattere all’interno di una scatola possa creare incapacità, frustrazione, ma sicuramente questo permetterà di definire meglio quelli che sono i limiti di questa scatola, capire che questa scatola esiste e ha dei confini che assodandoli vi permette di affrontarli, scuoterli, lacerarli.
Il limite e la presa di coscienza di esso è utile; non fatevi confondere o abbattere dalla visione dei propri, dei vostri limiti. Definirli, ripeto, non può che essere utile a superarli, scuoterli….

Cercare di definire meglio quelli che sono i miei capisaldi, le mie certezze; io sono ancora in grado di intravedere quella che è la struttura.

La struttura è qualcosa che non è legata al divenire, è immutabile, è situazione primaria e primordiale, è matrice.
A me basta ancora volgere lo sguardo per intravedere la staticità di questo disegno, ma la nascita porta proprio ad allontanare la certezza di ciò che è per creare una situazione nuova per la quale non sono stato preparato….ma sarà una costrizione, una provocazione; il divenire è un movimento che non cessa, è continuo, e io attraverso di esso mi trovo a mutare ciò che è il mio essere.
Costruire una mente, una logica, attivarla e renderla viva, è impresa ardua.
Smussare, creare, definire al meglio ciò che è la mia presenza qui, tra di voi, è davvero difficile…e per tutto ciò non sono pronto. Cerco semplicemente di raffrontare quello che è il mio essere a quello che voi, nel vostro desiderio di essere simili e fratelli, mi ponete a modello.
Definire capisaldi che sono certo non daranno più coscienza e attiva presenza nel mio essere nuovo, non è utile, non è propositivo, non è capace…………………………