venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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03 maggio 2009

ventiquattroaprile 09

Ricercare attraverso quella che è la coscienza dei grani di consapevolezza cambia completamente l’approccio che l’uomo pone nella sua ricerca e l’esempio può essere fatto accostando questo tipo di ricerca che io vi sto proponendo a quella che viene proposta – ad esempio – attraverso le Chiese, attraverso le Religioni.
Utilizziamo un esempio che io reputo vicino a quella che è la vostra esperienza e il vostro bagaglio di coscienza e di conoscenza perlopiù, che riguarda la Chiesa, la religione cattolica.
Indubbiamente anch’essa è certa, convinta della vita dopo la morte, ma per arrivare a far sì che l’uomo, l’adepto, colui che cerca attraverso gli strumenti che la Chiesa rende fruibili, disponibili, passa attraverso un complesso – e contorto a volte – tentativo di dimostrazione della vita aldilà della morte, si vanno a costruire strutture e sovrastrutture che vanno a rendere concreta l’impalcatura che ha da dimostrare la vita oltre la morte.
Si creano innanzitutto destinazioni e obiettivi attraverso una serie ampia, grande, variopinta a volte, di immagini che portano a cercare di istruire la mente al concetto della vita oltre la morte; sicuramente sto parlando di quelle che sono quelle dimensioni che vengono chiamate Paradiso, Inferno, Purgatorio, attraverso le quali si trova una spiegazione, un’istruzione in merito alla possibilità di comprendere che esista una vita oltre la morte.
Si arriva a costruire questa impalcatura che ha da essere alimento alla mente e che la mente stessa possa accettare e fare propria la convinzione e la fede riguardo alla vita oltre la morte. Tutto ciò è folle: cercare di istruire, di convincere l’uomo che esista una dimensione aldilà della morte corporale. Io credo che sia tutto ciò folle perché si va a impedire attraverso una serie di barriere, attraverso una serie contorta – ripeto – di immagini, a dimostrare la veridicità della vita e della dimensione oltre la morte fisica.
La dimensione spiritica – vi ho detto – ci appartiene già oggi; la difficoltà è prenderne contatto, intravedere dentro di noi, nel nostro intimo, il collegamento con essa, la simbiosi con essa, il vibrare comune con essa, e non ha senso cercare di costruire qualche cosa di allegorico quasi, per arrivare a convincere la mente che possa essa cedere alla convinzione di un concetto che non può essere mentale e neppure logico, ma solamente cosciente.
Si vanno davvero a costruire impalcature attraverso le quali strisciare, scendere, salire, spostarsi per arrivare al punto, quando il punto è già dentro di noi e non ci è neanche stato donato ma ci appartiene ancora da prima che noi decidessimo di incarnarci.
Ritrovare il contatto con esso, ritrovare il collegamento, far sì che questo afflato – come l’ho chiamato – divenga cosciente, è il modo per arrivare a comprendere che esiste una dimensione dopo la morte terrena. È anche illogico cercare quelle che sono le vie virtuose per giungere alla preparazione di questo passaggio, alla preparazione di questo passaggio “meritevole” attraverso il giudizio, attraverso lo sguardo di chissà…
Tutto quanto è zavorra, tutto quanto è difficoltà che si va ad aggiungere a quello che è già il bagaglio che l’uomo, l’essere incarnato porta con sé, a volte sorreggendolo sopra le spalle, a volte trascinandolo nella disperazione del peso stesso di questa zavorra.
Se il nostro obiettivo è arrivare alla fede, alla consapevolezza, alla coscienza di una vita oltre la morte, non dobbiamo far altro che cercare di rendere attivo – torno a ripetere – quello stato di cose che era prima che noi decidessimo di incarnarci. Se noi impostiamo quella che è la nostra vita con questi parametri, con questi criteri, naturalmente giungeremo alla coscienza e alla consapevolezza che esiste una dimensione spiritica, che è esistita prima, che esisterà poi, ma che esiste anche oggi e che noi vibriamo in sintonia con essa.
Non è mio desiderio cercare di colpevolizzare o bollare una religione più che un’altra; ho cercato di utilizzare questa immagine che è quella della chiesa e della religione cattolica perché credo che sia la più vicina, la più comprensibile e la più accettata per qualcuno di voi.

Non nego che se scelta possa essere capace di portare alla comprensione, ma credo che possa portare alla comprensione, non alla consapevolezza. Sono due modi diversi, sono due stati diversi.
La consapevolezza è latente in noi, la coscienza di essere è latente in noi, latente da prima che noi divenissimo individualità e presente quando noi abbandoneremo questa individualità.
È uno stato immutabile, non vi è dubbio riguardo a questo, ma un concetto così semplice può apparire banale per chi cerca di creare struttura, chiesa, religione cercando di superare quelli che sono gli angoli angusti, le strettoie di chi cerca di limitare la nostra possibilità di mediarla attraverso le chiese, i gruppi.
Se noi riusciremo a liberarci da questo peso, naturalmente acquisiremo coscienza. Questo tipo di via, questo tipo di ricerca, difficilmente può essere monetizzato, venduto, acquistato.
Attraverso questo strumento di ricerca l’uomo si libera dai vincoli, si libera dai mezzi, si libera dai ministri, si libera dai maestri.
Torno a ripetere, non è mia intenzione cercare di condannare o bollare quella che è una Chiesa, una Religione, ma è mio intendimento cercare di aiutarvi a comprendere la bontà della ricerca che io vi propongo, che passa attraverso il grano di consapevolezza. Credetemi, possono essere tanti, possono essere innumerevoli, ma uno per uno, individualmente, va riconosciuto e testimoniato.
Non ho modo, strumento, immagine per potervi certificare la bontà di questa mia proposta. La verifica appartiene alla vostra ricerca, alla vostra veritiera ricerca, attraverso l’esame di coscienza, la verifica.
Riguardo al libero arbitrio ancora vorrei dire.
Il libero arbitrio è uno strumento anch’esso in evoluzione. Se la scelta avviene attraverso una qualità di presenza, diviene anch’essa nuovamente pura e libera, non può inficiare la possibilità di sterzare, scegliere e deviare…ma tutto ciò implicherà una presenza cosciente, consapevole; sempre di più e sempre più integralmente testimoniare vuol dire essere nella completezza del proprio bagaglio cosciente e consapevole.
Cosa cercare aldilà del varco, se non il conforto di un caro defunto, se non l’aiuto di chi ha valore e sempre ha rappresentato valore per voi, nella vostra vita con lui?
È una risposta alla quale credo dovrete trovare soddisfazione. Non necessariamente sarà un obiettivo comune, ma indispensabile sarà che sia un obiettivo consapevole, testimoniato, vero.

La dualità. La dualità ha vicinanza, nel suo concetto, nell’ingombrante presenza del Divino.
Era indispensabile per poter avvicinare all’uomo il concetto dell’Essere Divino creare la dualità; solamente in questo modo si poteva dare spiegazione, alibi, immagine alla mente dell’uomo, per la sua sanità mentale – ho anche detto – per la sua quiete. Ma nel momento in cui questo concetto, questa visione, questo disegno, questa immagine vengono abbandonati allontanandoli un attimo da quella che è la coscienza individuale, prendono la reale dimensione che realmente essi hanno: semplicemente un’immagine, una spiegazione, un disegno che impedisce la vera ricerca della spiegazione cosciente dell’Essere Divino.
Prima o poi dovrete cercare di confrontare il vostro livello consapevole di oggi alla visione e alla comprensione dell’Essere Divino. È un passaggio obbligato, io credo.
Sempre più la dualità prenderà una dimensione diversa, sempre meno importante, meno fondamentale, meno indispensabile alla costruzione del Disegno.
Io ho già affermato che la visione della dualità non è altro che l’essenza individuale da una parte e tutto ciò che è il resto dall’altra. È un’affermazione certa per me perché io non ho avuto possibilità di definire per quello che è la mia presenza la mia essenza, la possibilità dell’utilizzo del concetto della dualità.
Per molti – e anche per voi, io credo – dare come accettato, definito, il concetto dell’individualità vuol dire in qualche modo chetare la ricerca, vuol dire non approfondire, vuol dire non proseguire oltre; è come trovarsi di fronte l’immagine di quel Dio che io già vi dissi va a impedire, a creare il limite della possibilità dell’uomo alla comprensione.

La stessa prassi viene utilizzata per l’individualità nel momento in cui l’uomo non è in grado di dare spiegazione perché non fa altro che utilizzare gli strumenti più grezzi, non riesce a dare spiegazione alla ricerca che sta portando avanti, limita attraverso l’alibi, cessa, crea scudo con la definizione della dualità.
È un arrendersi, è creare protezione, è creare un altro spicchio di quella benedetta bolla che l’uomo crea meticolosamente da certosino, pezzo dopo pezzo, credendo di proteggersi attraverso queste affermazioni assolute ed assurde, mai coscientemente verificate, mai coscientemente mediate attraverso l’intimo, attraverso l’io profondo.
Si arriva a quel punto; oltre non si può…oltre è immorale e impossibile andare.
Ancora si va ad utilizzare quegli strumenti che portano alla ricerca sfrenata di conoscenza, di spiegazione, di ricetta.
D. (N) Anche tu hai usato il termine “bolla”…
La bolla è l’alibi, la bolla è la giustificazione che l’individuo crea, costruisce quale feticcio che a barriera ti impedisce la ricerca vera. La bolla è l’ideologia, la bolla è la spiegazione mentale, la bolla è la conoscenza, la bolla è il limite.
Attraverso la bolla l’uomo, l’individuo, trova il modo per affermarsi come individuo isolando tutto quanto sta attorno, impedendo a ciò che prezioso dentro di lui agisce di trovare specchio, conforto, confronto. La bolla è l’impedimento, la bolla è la condizione concreta che ti impedisce di…la bolla è la tana, la bolla è la casa conosciuta, abitata, la bolla è zavorra che a volte sostieni sulle spalle e a volte trascini esausto. La bolla è il conosciuto, la bolla è tutto ciò a cui tu hai dato un nome.
D. (N) Quindi la coscienza, la consapevolezza devono andare oltre la bolla?
Non possono andare oltre perché già all’interno di essa si trovano. Possono testimoniare la loro libertà di essere, di scegliere, di decidere trascurando, negando quelli che sono gli alibi della bolla, le giustificazioni.
D. (N) Ma sono confini, quelli della bolla, che l’uomo può superare?
Sono virtuali, fittizi, non esistono.
D. (N) Non esistono…quindi sono superabili?
Non v’è dubbio.
D. (N) Io appunto chiedevo: con i grani di consapevolezza possono essere superati?
Con la testimonianza.
D. (N) Quindi ogni volta che noi fortifichiamo dentro di noi un gradino…è come aprire un varco in quella bolla?
Non è necessario. Esprimere un grano di consapevolezza e testimoniarlo vuol dire divenire quasi immateriale, vuol dire divenire energia…e la bolla, credimi, le cose che con essa conformano questa bolla, sono permeabili all’energia.
Esistono sicuramente tre livelli di presenza dell’essere incarnato.
Uno di essi è quello energetico, spiritico e che io chiamo Divino perché appartiene a quella dimensione stabile, immutabile, che non può essere che Dio. Queste tre forme di presenza interagiscono ed è fondamentale che non ostacolino la presenza e l’azione una dell’altra.
La testimonianza attraverso la quieta certezza di ciò che noi siamo impedisce il disequilibrio, ma crea e garantisce l’armonia di queste tre forme di presenza che formano l’uomo incarnato.
È nel momento in cui l’incomprensione da parte della mente – ma anche dalla componente corporale dell’uomo – l’incomprensione, la capacità di coscienza di quell’altra presenza, che è quella che appartiene all’Energia Immutabile…questa incomprensione, incapacità di percepire la possibilità, crea “pezze” che, accostate una all’altra, vanno a formare quella che chiamiamo bolla.
Ma è facile poterla superare non affrontandola nella sua dimensione…se realmente siamo convinti che non esista la bolla; non possiamo permetterci di sprecare energia e tempo per contrastarla e cercare di demolirla: non faremo altro che darle ulteriore consistenza, forza, intreccio.



Ma questo è facile comprenderlo nel momento in cui si persegue la testimonianza.
È conseguente il superamento della bolla.
Non sprecare tempo ed energia alla demolizione di qualcosa che non esiste. Se tu darai a questa azione – che è un’azione per forza di cose materiale e mentale – energia, renderai solida e reale questa protezione.
D. (N) Ti ringrazio molto.