venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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09 giugno 2015

cinquegiuigno 2015

Anche questa sera potremmo tornare a sfogliare a ritroso il quaderno dei vostri incontri e raggiungere quella pagina dove si accostava alla parola verità il termine libertà, ma libertà non vuole per forza dire solitudine; andremmo ulteriormente ad esacerbare quella che è l'individualità. Un essere solo può essere libero, ma anche no; non è indispensabile cercare il romitaggio, la clausura, la solitudine, per trovare l'essenza. La ricerca deve essere sodata ogni giorno, verificata, scrollata. Torniamo a quell'albero da scrollare affinché cadano le foglie per smascherare, per rendere netta e precisa quella che è l'essenza di quell'albero, l'anima che lo sostiene. Essere soli, è vero, porta a non mediare, ma si può mediare anche con sé stessi, si può trovare il modo di equilibrare ciò che si intravede, ciò che si testimonia e si professa. Esiste anche una tentazione: quella di cercare la gratificazione, quello di rendere esteriore, quella buffa convinzione di considerarsi giusti. Se fosse fine a sé stessa, se fosse davvero il confronto che l'uomo pone a sé stesso, sarebbe facilmente svelato l'inghippo, la maschera, il travestimento, ma è quando il compiacersi degli altri diventa veleno sottile, diventa lusinga, allora è più pericoloso: “io sono colui che cerca, colui che ha intravisto, colui che è in grado di vivere ciò che è vero e ciò che è giusto”. Forzando la propria vita nell'esteriorità tutto ciò si allontana dal dono, dal gratuito dono di verità rivelata, ma diviene posa, diviene costume e maschera affinché il plauso, affinché riconoscimento tronfio lusinghi. Vivere con gli altri, accettare la convivenza, il rapporto,il legame, non vieta il continuo cercare, l'assiduo verificare ciò che si trova, ma qui torna il discorso di libertà; si può essere liberi anche se attorno a voi si trovano persone, legami, affetti, responsabilità, doveri. Capite com'è facile degradare attraverso i termini ad una situazione che vincola, limita ed impedisce. Impedisce cosa? Impedisce senz'altro il non essere liberi. Affermare che la mia libertà possa in qualche modo far soffrire l'altro e far soffrire un altro, colui che crediamo di amare, colui per il quale siamo responsabili appare come grave errore, peccato. Ma il non amare l'altro, che sia esso la persona che hai accanto, coloro di cui ti senti tutore e responsabile, oppure semplicemente il prossimo che accanto a te si trova, amarlo veramente vuol dire non mentire, vuol dire essere veri, ed era il terzo termine che si accompagna a libertà e a verità. Noi saremo in grado di amare l'altro se saremo in grado di esprimere libertà e verità. Mentire è il peccato più grande, è la negazione dell'amore; mentire, indossare una maschera, un costume al fine più nobile che possa esistere, ma tale rimane menzogna, offesa, tradimento, incapacità d'amore. Il dono più grande che voi potete fare è offrire ciò che siete nelle libertà vera; ciò farà soffrire chi non vi capisce, ciò farà soffrire chi non è in grado di intravedere in voi, ma è lo scotto. Solo attraverso questo modo di offrirsi, più che donarsi, si può amare. Ciò vale per l'altro, per colui che accanto a voi si trova o, semplicemente, colui che incontrate....ma anche voi stessi, nel vostro essere specchio, necessità di lucida verità. La menzogna, la menzogna giustificata, la menzogna a fin di bene; non sono ancora pronto, non sono in grado di sostenere una lucidità così precisa. Chi ama non può che donare sé stesso nella precisione attenta della definizione di sé stesso. Sia l'azione e la ricerca che portate avanti determinabile nella bontà oppure nella malvagità, nel bene o nel male. Credo che sia importante accettare e concepire il fatto che colui che pecca negando la Verità mantenga salda la Creazione. Fino a quando avremo bisogno della Creazione, fino a quando avremo bisogno del male affinché essa rimanga tangibile? Il naturale evolvere è lo sgretolamento della Creazione? La mia non è certo un'affermazione ma è un quesito che anche a me pongo. Il fine ultimo è l'annullamento di ogni cosa in favore...? Cerchiamo quell'acqua. Ogni volta e sempre di più ne sento il bisogno. Anch'io con voi ne rompo la superficie per immergermi, palesando un corpo che ancora non mi appartiene....ma che cerco e desidero. Che la carezza di quell'acqua sia la traccia, il concretizzare un corpo che ha bisogno di carezze, misura, sostanza. L'acqua sale, noi scendiamo in essa, cercando il suo salire che ci accarezza, ci cheta, su fino a raggiungere le spalle e quel capo che macina e contorce cercando vuote risposte, ormai completamente immersi, protetti, legati, uniti. Tutto rallenta: il vostro respiro, il mio curioso osservarvi. Scema come un mantice stanco, inutile. Senza rompere la superficie, ponetevi al di fuori e al di sopra... Cercate e misurate quel corpo immerso nell'acqua: è il vostro, vi appartiene... voi appartenete a lui, prezioso sigillo del vostro essere uomini.... A ritroso, afferrando quel cordone prezioso e saldo, torniamo... Emergiamo dall'acqua, sentiamo la carezza che pian piano scende, man mano noi usciamo da quell'acqua; carezza il viso, lo lava... giù, lungo le spalle, per raggiungere le gambe. Siamo noi che ci muoviamo al di fuori di quell'acqua, per tornare fuori. Cerchiamo di cogliere ciò che è cambiato...poiché qualcosa è cambiato.