venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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24 ottobre 2007

diciannoveottobre 07


Ancora, adesso io Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

Vorrei che non si facesse confusione in merito ai termini. L’attesa di S. è ben diversa da quella che può essere la vostra attesa. L’attesa di un essere disincarnato è l’attesa della successiva possibilità, del successivo incontro.
Sarebbe importante che io riuscissi a spiegarvi meglio la differenza, il diverso stato delle due situazioni, delle due condizioni: quella dell’essere incarnato e quella dell’essere defunto, disincarnato, trapassato.
L’attesa che compete a voi, che potreste voi mettere in atto, è ben diversa ho detto, da quella che potrebbe fare un essere disincarnato perché l’attesa – per voi – è il non fare,è scegliere di non agire, di non utilizzare gli strumenti che vi sono dati, è attendere delegando, è attendere decidendo di fermarsi, di interrompere quello che è lo scorrere del vivere, della ricerca.
L’attesa che invece appartiene a S. – e comunque a qualsiasi essere disincarnato – è un’attesa forzata.
Quando si cerca di pensare alla situazione di noi disincarnati c’è molta confusione perché capisco anche che sia ben difficile definire meglio e in modo comprensibile quale sia la nostra condizione, che non utilizza parametri, situazioni, dimensioni che appartengono al vostro vivere, ma è qualcosa di completamente diverso – e non completamente diverso perché realmente sia diverso – ma è la percezione che voi potete avere della nostra dimensione che è diversa.
Ciò che potete voi cogliere di quello che è il nostro mondo è legato per forza di cose alle possibilità che voi avete, ai vostri sensi, alla vostra mente, ad un contenitore che, purtroppo e giustamente però, è limitato, limitato da quelle che sono le condizioni materiali, fisiche, dell’essere incarnato che, se è comunque uno strumento capace per ciò che gli compete dell’agire, dello scegliere, del decidere, del pensare, del ragionare, è uno strumento che per noi – non più possedendolo – non trova riscontro e possibilità di correlare le due situazioni.
Pertanto, per voi incarnati, la dimensione nostra può essere colta solamente per un particolare, per una frazione, per pochi dettagli che possono essere recepiti, comprensibili, quasi voi non possedeste la capacità di comprendere quello che è un linguaggio, ma ne conosceste soltanto alcuni termini, alcune parole. Pertanto solamente attraverso quei pochi termini, quelle poche parole, potete cercare di dare dimensione, dettaglio, ad una cosa così complessa che è il nostro stato di esseri disincarnati.
Non è completamente vero che noi non abbiamo la possibilità di agire. Noi sicuramente diveniamo, noi sicuramente siamo in movimento, ma è un movimento, è un divenire difficilmente comprensibile per chi ancora utilizza gli strumenti che appartengono all’essere incarnato…e cercare di spiegarlo, cercare di raffigurarlo, di tratteggiarlo, è follia proprio perché ha dettagli che non sono percepibili da un essere incarnato quale siete voi. E cercare di farlo vorrebbe dire uscire dalle capacità di comprensione, sarebbe la follia.
Non per nulla si è sempre parlato di una soglia attraverso la quale la possibilità c’era di sbirciare, di intravedere solo pochi dettagli di ciò che era dall’altra parte…ma è giusto che sia così.
Per noi è diverso perché comunque il vostro modo di vivere, l’esperienza terrena, l’abbiamo già vissuta, già ci appartiene, già l’abbiamo caricata nel nostro bagaglio di comprensione, di coscienza.
Però…se già l’abbiamo vissuta e l’abbiamo caricata, perché cerchiamo ancora il contatto con voi, esseri incarnati?
Anche questo è difficile da spiegare; sicuramente c’è uno scambio, c’è un bisogno da parte nostra nei vostri confronti, ma c’è anche bisogno da parte nostra, nei vostri confronti, di dare qualche cosa.
Io credo che riuscire a dare anche se pochi e parziali dettagli sia importante…sia un baleno di visione che possa aiutare, dare forza, conforto.

Torniamo però a ciò che stavo dicendo e che riguardava S.

S. è in attesa, è in attesa dell’occasione prossima dell’incontro con voi, dell’essere in un cerchio spiritico e questo perché parte di S. è rimasta nella vostra dimensione: quel legame che lui chiama prezioso e profondo è drammaticamente ancora concreto, fisicamente concreto, reale, quale fosse un cordone che lo lega a voi, voi che siete la traccia dell’essere amato.
Lui attende l’occasione successiva, non ha scampo a questo. Lui deve arrivare ad impugnare questo legame che ancora lo lega, questo cordone che ancora lo lega al vostro mondo e che decida autonomamente, con propria volontà, decisione precisa, di troncarlo, affinché possa nascere nuovamente in quella dimensione che oggi gli compete, alla quale oggi lui appartiene. Pertanto non confondete il termine “ attesa”. Per lui attendere è l’unica possibilità, non ne esistono altre; non intravede per sé modo per proseguire oltre, ma non desidera neanche proseguire oltre, non ha senso per lui proseguire oltre, perché proseguire oltre vorrebbe dire allontanarsi da quello che è il suo bisogno, da quella persona che rappresenta il suo bisogno.
Il passaggio tra le due dimensioni molte volte è logorante, è lungo, difficile, sofferto. Il compito dei gruppi spiritici è anche questo, di permettere questo anello di congiunzione per l’indispensabile crescita dell’essere defunto, ed è giusto che avvenga in questo momento, per voi e per gli amici che non sono più fisicamente con voi, ma che rimangono con voi con questo legame di cui vi ho già parlato. Il nostro mondo diviene reale attraverso la visione che voi ne avete. Noi abbiamo una consistenza diversa per quella che è la percezione che ci appartiene… incomprensibile a voi. Realmente esiste già esiste già quella comunione che sarà il risultato finale di questo evolvere, ma per voi –che ancora individualità ben precise siete- è difficile comprendere questa cosa. Cercare di isolare con singoli nomi, immagini,presenza, il nostro essere disincarnato, è importante, fondamentale, indispensabile. Come potrebbe essere diverso? Come si può dialogare con il tutto, con il nulla?
Ma è possibile farlo attraverso spazi, baleni che giungono ad essere nuovamente individualità…nomi…storie…vite. Ma è giusto che sia così.
Però quello che voglio cercare di dirvi è che è impossibile per me travasare in voi completamente quello che è l’esatta sostanza della nostra dimensione; già cercai a volte, con forza, di spiegare che quella che è la nostra dimensione non è tale, distaccata, lontana, disgiunta da quello che è il vostro essere individuale. Noi siamo traccia dentro di voi. In fondo quello che voi state esprimendo ed evocando in questo cerchio spiritico, non è altro che la traccia che avete dentro di voi… anche Emanuele è dentro di voi e vi appartiene anche se ricordo concreto e definito non esiste… è impossibile che ci sia – tempi, luogo e spazio diversi impediscono questo collegamento e riconoscimento- ma, credetemi, la traccia di Emanuele è in voi ed è stata da voi coscientemente permesso l’accesso e l’evocazione di questa entità che si chiama Emanuele.
Però raffigurare, dare immagine, senso, dipinto a chi è Emanuele e a quale dimensione appartiene,è indispensabile altrimenti, ripeto, sarebbe follia cercarvi comprensione.
Il mio nome, Emanuele, lo è per voi, perché la vostra capacità di accettazione permette ad Emanuele di esserci. La traccia, il seme che dentro di voi muove, prende il nome di Emanuele e potrà avere nome diverso nel momento in cui il bisogno porterà a scegliere questo, a desiderare questo… ad evocare un nome diverso.
Esiste un unico corpo comune ma l’affermazione di questa singola individualità, parti disgiunte, è fondamentale, proprio per permettere che esista questo unico corpo.
Qual è allora lo scopo di questo essere insieme? Ma è quello di permettere che la vostra originale dimensione si sveli, venga riconosciuta, accettata1
Ad essa date un nome che non sarà più Emanuele ma sarà il nome che appartiene ad ognuno di voi. Emanuele diverrà un altro nome, che non vi appartiene, che non sarà il vostro, poi un altro e un altro ancora finche alla fine il nome sarà il vostro e lo pronuncerete con forza, convinzione, certezza.
Il bisogno del trascendente, del non definito, dell’essere comune, è in voi.
Non è uno strumento, non è un metodo ma è lo stato originale.
Cercare per me di tratteggiarlo, definirlo, illustrarlo, diventerà come un quadro che passerà da un’immagine definita, fotografica, fino ad essere qualcosa di incomprensibile alla prima occhiata… ma proprio nel suo essere incomprensibile, confuso, non fedele, definirà sempre meglio ciò che è. Se è la fotografia che cercate per ritrovare i dettagli che possono essere riconosciuti e che possono essere in qualche modo riconosciuti come non propri, stiamo ancora cercando di partire attendendo di trovare qual è il modo per poter partire.
L’immagine non può essere definita, deve essere per forza sgranata, deve essere per forza incomprensibile, non dare senso, perché qualunque senso essa trarrebbe sarebbe comunque sbagliato perché sarebbe parziale.

Cerchiamo la catena ora. Visualizziamo lo stagno all’interno di estasia esso specchio…………..