venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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16 aprile 2010

noveaprile 10

Quand’è che cessa quello che io ho chiamato il primo terzo dell’esperienza dell’uomo, dell’essere incarnato, dell’entità che diviene uomo che cammina, che pensa, che vive?
Non esiste un momento preciso, io credo, ma sono ben sicuro che sia una parte sola di quella che è la vita dell’uomo e credo che sia una parte che appartiene più o meno a quello che è il primo raggiungimento, il primo di tre gradini che fanno sì che l’uomo possa completare proficuamente quella che è stata la sua vita da essere incarnato. Questo primo terzo io l’ho chiamata auto definizione e mi è piacevole pensare ad essa come alla crescita di un albero che appena nato ha una spinta naturale, rigogliosa, il ragazzo che va a riconoscere la propria essenza di essere qualcosa che cresce, che diviene grande, che può apparire, essere riconoscibile; è l’arbusto che anno per anno tiene con vigore e con forza linfa, per potersi ergere.
All’inizio non capisci che albero sia, di quale genere, di quale famiglia. È solamente qualcosa che esprime quella che è la potenza e la forza naturale della crescita, la spinta da terra verso l’alto, l’ergersi libero da sostegni, libero da tutori. Il tempo passa proficuamente, le dimensioni rapidamente espandono quella che è la figura e la presenza di quell’essere. Poi lentamente questa energia, questa forza, questa espansione, frena; a questo punto in quest’albero c’è il bisogno di definirsi sempre meglio, far sì che possa essere riconoscibile, che possa avere un nome, che possa appartenere ad un gruppo. Allora l’attenzione è più sui particolari, sui particolari che rendono prezioso e gradevole quest’albero, che divenga sempre più precisamente diverso dagli altri…la cura dei particolari, la raffinatezza di essi, la qualità. È un lavoro più lento ma più preciso, consapevole.
Ad un certo punto anche questo lavoro va a cessare, perché non potrebbe più creare particolari nuovi, crescita nuova, è al massimo espandere della propria presenza. È un limite fisico che appartiene, sì, agli alberi, alla natura…ma anche all’uomo, io credo.
È proprio in quel momento, nella presa di coscienza di questa impossibilità di espandere ancora di più e meglio, che cessa quella che io ho chiamato auto determinazione.
Per quanto riguarda l’uomo, posso definire questo cambiamento con il termine “conversione”, presa di coscienza dell’impossibilità di espandere la propria presenza fisica nello spazio in cui questo albero si trova. Tutto ciò che era possibile l’ha espresso, potenziato, ma cercare di allungare ancora di più i rami del proprio albero li porterebbe a renderli fragili, facilmente si spezzerebbero. Creare ancora fiori oppure foglie su quei rami non farebbe altro che appesantire, creare fragilità, possibilità di collasso.
Anche l’uomo ha le stesse condizioni. È proprio nel momento in cui ha definito al meglio la sua grandezza che avviene quella che io chiamo conversione. Ci sono molti modi, molte cause che concorrono a questo cambiamento, a questa inversione, a questo ripensamento.
I più fortunati, credo, subiscono degli urti, subiscono delle provocazioni…l’albero viene scosso, può essere scosso da un vento, può essere scosso da qualcosa che gli cade addosso, può essere scosso dal terreno che cede al di sotto. Per l’uomo è la crisi, per l’uomo è la sofferenza, per l’uomo è la coscienza di non poter fare nulla di più di ciò che è stato fatto e bisogna trovare modo diverso per poter ancora essere…
Ho detto sono i fortunati che subiscono gli urti, sono i fortunati che subiscono gli scossoni che minano le certezze, sono le malattie che colpiscono l’uomo a dare senso, che scuotono, che costringono a prendere coscienza del proprio essere, della propria fragilità, della propria rigidità.
A scossoni di questo genere, a crisi che minano il senso dell’essere, bisogna trovare per forza di cose soluzione…e il cambiamento viene provocato, costretto.
I meno fortunati non subiscono l’urto che scuote, che fa cascare tutti i fiori…e allora cercano, mettono energia affinché il palco dei rami e delle fronde sia comunque bello, piacevole alla vista ed esprimono tutta la potenzialità energetica che hanno in questo mantenimento che impedisce il superamento del primo stadio, dell’uscita dell’auto determinazione e, credetemi, si può anche sprecare una vita intera cercando di proteggere ciò che si è creato fino a quel momento, cercando di garantire l’incolumità di ciò che si è addobbato.
Per fortuna giunge quella che è la morte fisica e allora per forza di cose l’urto avviene.. allora i tempi divengono più stretti, le possibilità, le capacità, le occasioni divengono sempre minori e l’urgenza, il freddo, la solitudine e il buio pungolano la sua ricerca…è per questo che sono i meno fortunati. Ma l’urto avverrà, l’albero verrà scosso alle radici, se l’uomo non sarà stato in grado di mettere in discussione ciò che ha realizzato attraverso l’auto determinazione, per cercare modi diversi di essere uomo, per cercare possibilità e occasioni diverse per esprimere valore, per creare compimento.
Il secondo passaggio, quello che io considero il secondo terzo della vita dell’uomo, è proprio la ricerca, lo sminuire, lo sfrondare, l’abbandonare ciò che con forza ed energia nel momento di maggior vigore si è costruito in quell’entità che è l’uomo, con un proprio nome, con una propria definizione, con una propria appartenenza, con un proprio colore, con una propria vibrazione…riconosciuto da tutti quanti a lui si avvicinano.
L’abbandonare ciò che si è creato con tanta energia, con tanto entusiasmo, con tanta voglia, se provocato da quello che è l’urto della sofferenza, diviene difficile, diviene malato, diviene difficoltoso, ma per forza di cose, perché lo stimolo maggiore è sicuramente la sofferenza, il dolore, in situazioni di questo genere. Dolore che può appartenere al fisico, ad una malattia, ma anche un dolore mentale, di incapacità di comprendere ciò che avviene, perché ciò che è avvenuto non è dipeso dalla volontà dell’essere ma di qualcosa che costringe cambiando le condizioni, impedendo a far sì che ciò che attorno all’uomo si trova venga plasmato dalla propria volontà.
Esistono forze che non appartengono più al volere dell’uomo, che agiscono, e l’uomo è costretto a subire queste forze e non riesce a dare senso, le sente quali violente, le sente impersonali, ingiuste, a volte profondamente sbagliate. Riconosce in esse il male…soffre.
Il bisogno di uscire da questo stato di sofferenza costringe la ricerca a trovare soluzioni, comprensione. pian piano quella che è la presenza dell’essere si racchiude un poco, diviene più piccola, decresce, è meno appariscente, meno definita, meno colorata, meno profumata.
Si cerca di portare a ciò che è il centro dell’essere l’accumulo di energia. Se prima la funzione era di andare verso la periferia, in quella che era la manifestazione, l’apparenza…il bisogno di creare calore, il bisogno di creare protezione, fa quasi rattrappire su sé stesso l’uomo che soffre.
A quel punto qualcosa ancora avviene, è il completamento del secondo terzo del vivere dell’uomo.
Esiste anche una strada diversa per coloro che sono meno fortunati, coloro che non hanno subito l’urto che li costringe a dover cambiare la propria direzione, a convergere, a mutare, a trovare strade nuove. Questi meno fortunati sono costretti a scegliere di cambiare, sono costretti a scegliere la conversione perché riconoscono in essa valore e bontà.
Chi cerca in verità giunge a questo bivio; chi porta la sua testimonianza critica, presente, costantemente agente attraverso scelta di libero arbitrio, giunge a questo bivio. Non c’è più costrizione, non c’è più dolore, altre sensazioni assalgono l’uomo, l’incapacità, l’impotenza , a volte. È la ricerca e la condivisione di essa che porta a trovare ausilio, a trovare conforto e beneficio.
Cercare di riconoscere dentro di sé le tracce di ciò che avviene, misurando attentamente, con scrupolo, la propria testimonianza, la propria presenza, il proprio essere. Verifica non su ciò che viene realizzato, fatto concretamente, ma verifica sulla presenza, su quella che è la testimonianza, su quello che è il supporto cosciente della scelta del vivere…contrapporsi a volte, costringersi a capire.
Molte volte la conversione avviene prendendo coscienza della impossibilità di proseguire oltre con quella direzione…allora qualsiasi strada, qualsiasi direzione diviene buona e auspicabile perché va solo a mutare quella che è la direzione che noi abbiamo considerato quale sbagliata, improduttiva, incapace di portare qualità.
Non attendete questo momento. Cercate di comprendere qual è la direzione.

La scelta del libero arbitrio non è il cambiamento, ma è la direzione che il cambiamento porta; la scelta del libero arbitrio non è cessare la direzione che si è perseguita fino a quel momento ma è scegliere la direzione che devia da quella che è la traiettoria fino a quel momento portata avanti.
Non cambiate per cambiare, non cambiate per non affrontare l’impossibilità di proseguire; scegliete una direzione perché la riconoscete vostra.

Cerchiamo il corpo comune ora. Cerchiamo il luogo nel quale poter realizzare…..il nostro stagno…


Il vantaggio del non essere più vivo è quello di avere un coperchio che chiude. Io ho sempre pensato che l’uomo fosse un grande vaso, smisurato, nel quale accumulare tutto quanto veniva offerto.
Ora che sono morto, io che ero così capace di riempire, di fagocitare tutto ciò che mi veniva a tiro, oggi non riesco più a infilare nulla…sento che questo vaso ha un coperchio, ha un coperchio ben rigido, che non ha spigoli sui quali fare forza per poterlo strappare e creare ancora possibilità di ottenere, di avere, di fare proprio ciò che ci passa attorno.
L’essere morto mi ha fatto anche comprendere che io non sono quel vaso, perché in fondo se io sono al di fuori di esso perché sento che il coperchio chiude quello che è il buco che permette alle cose di entrare nel vaso…vuol dire che io non sono il vaso.
Sono sempre stato capace di ottenere ciò di cui avevo bisogno…imparare a chiedere è stato fondamentale. La domanda, fatta nel modo giusto, sguarnisce chi hai vicino; la domanda, la richiesta, il bisogno, la supplica, ti danno la possibilità di porti un attimino al di sotto e di guardare dal basso verso l’alto colui a cui mendichi aiuto, rassicurazione, calore, cose,denaro.
Ma il vaso è chiuso ora, il tappo è ben saldo, è cosa unica con quello che è il vaso, sigillato, strettamente chiuso…eppure so che all’interno di quel vaso tanto spazio c’è ancora, tante domande urgono, tante cose….ma che ne faccio di questo vaso che oggi capisco di essermi portato appresso per tutta quanta la mia vita?
Caspita se è grande!
Chiedere mi dava competenza, chiedere mi faceva sentire capace, perché se ero in grado di chiedere sapevo ciò di cui avevo bisogno…se sapevo ciò di cui avevo bisogno sapevo chi ero…sapere chi ero mi faceva sentire bravo. Io ero per ciò che mi mancava; io ero ciò che sarei stato se avessi avuto ciò che chiedevo.ma io oggi non sono ciò che ho ottenuto chiedendo…io oggi non manco di ciò che non ho ancora chiesto e vorrei chiedere.
Chi sono? Cosa potrei non chiedere, che cosa potrei cercare di togliere dalla mia richiesta…che cosa potrebbe non servirmi? Tutto ciò che ho avuto però è all’interno di quel vaso chiuso; di quello non posso disfarmi, l’ho già ottenuto, è mio ed è ben chiuso in quel vaso sigillato, che però non sono io.
Non capisco che cosa vorrei essere…perché non sono ciò che avrei voluto. Ho sempre pensato perché non ho ricevuto quello che io avevo chiesto, che io non sono divenuto ciò che avrei desiderato essere.
Ho sempre pensato di ben sapere ciò che volevo divenire ed ero certo che ciò che mi mancava l’avrei ottenuto attraverso una richiesta. Era una lista precisa…ma che me ne faccio ora?
Sono confuso…non sono capace….non sono.