venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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28 giugno 2006

cinquemaggio 06


Ancora,adesso io,Emanuele,per il cerchio,il cerchio spiritico.
Il male è un argomento affascinante,un argomento che smuove in me,che crea reazioni, che crea movimento. So, però, che è difficile parlare a voi della mia visione del male, perché questo mio dire porta a giudizi, porta a classificazioni; perciò desidero dire che quando io parlo di Emanuele, di un Emanuele che parla del male, di un Emanuele che ha fatto il male e l’ha vissuto coscientemente e pienamente in esso si riconosceva, è perché io ho visione di ciò che era Emanuele allora, e non ripudio ciò che Emanuele è stato, perché , nel momento in cui è stato, era e fa parte di ciò che oggi io sono.
E’ per questo che parlo con tranquillità di quell’Emanuele che per un certo periodo ha perseguito,ha coscientemente scelto di fare del male, sapendo che era male, ma questo non deve pregiudicare ciò che io sono oggi, l’Emanuele che a voi si pone e a voi desidera porre il confronto, con voi desidera dialogare e mostrarsi per quello che è oggi, ma anche per quello che è stato allora.
Io sono la somma di tutta la mia esperienza, non la rifuggo, non la rifiuto, non la ripudio. Quell’Emanuele è parte dell’Emanuele che è ancora oggi; senza quella parte Emanuele non sarebbe Emanuele e la voce, le argomentazioni che a voi pongo, sarebbero monche, parziali,incomplete,non vere. E’ per questo che mi sento di parlare con tranquillità del male e di ciò che il male era e di ciò che il male è, oggi, per Emanuele.
Noi preti, noi portatori di fede, noi educatori nella dottrina, abbiamo sempre subito il fascino del male,ne venivamo a conoscenza attraverso il peccato, il peccato degli altri; perché noi ben conoscevamo il peccato, l’avevamo già rifiutato, lo negavamo come errore, come sbaglio, come peccato. Pertanto venivamo a prendere coscienza, vivevamo il peccato degli altri, principalmente attraverso la delazione della confessione.
Nella confessione noi spalancavamo immagini che non ci appartenevano, ma che sicuramente trovavano echi, rimbombavano e risuonavano lungamente dentro di noi. Cercavamo con metodo di avere la precisa dimensione del peccato, affinché lo potessimo finalmente comprendere; non tutti quanti noi, certo.
Non dovrei parlare in questo modo, ma dovrei continuare a parlare di Emanuele ; ecco, Emanuele faceva anche questo. Attraverso la confessione e il potere del giudizio, io riuscivo ad assaporare cose che non avevo mai conosciuto, se non attraverso il desiderio, attraverso la masturbazione mentale, attraverso l’immaginazione.
E’ in questo modo che assaporiamo, che troviamo traccia della possibilità di peccare anche noi, uomini di fede, integerrimi, con il vessillo posto in alto,davanti a noi. Io, poi, ero ancora più capace della possibilità, io ero anche giudice, non solamente confessore.
Se il confessore racchiude nello spazio di un confessionale ciò che è il confronto, il giudice ha una platea ben più ampia, ha possibilità più grandi di estorcere confessioni particolari, precise indicazioni, immagini così reali attraverso la parola, che venivano evocate in quella stanza dove noi potevamo interrogare, inquisire e, credetemi, tanto più il peccato era peccato, tanto più esisteva,da parte non solo mia ma anche di chi con me si trovava dalla parte “giusta” del tavolo,assisi su quegli scranni, tanto più il desiderio di prolungare il processo, era per assaporare a volte sempre di più,sempre al meglio, le nefandezze, i peccati che trovavano però tracce in noi, suoni, rintocchi ed echi che smuovevano, coinvolgevano…e, per ciò che mi riguarda, molte volte usai il cilicio per potermi impedire il trastullare con questi pensieri.
Sciocchi tentativi di rinchiudere dentro un barattolo energie dirompenti, desideri profondi, insoddisfazioni, illusioni, visioni di possibilità.
Il male, argomento affascinante…che provoca…
Per voi,uomini meno vincolati da quello che è una veste o da quello che è un voto, esiste la possibilità di misurare in modo più tranquillo ciò che è l’azione cattiva, il male degli altri: poterlo giudicare, poterlo accettare, poterlo rifiutare, poterlo condannare, poterlo a volte riconoscere, se il peccato è veniale.

Ma credo che sia indispensabile per ognuno – per l’essere che desidera conoscere – caricare ciò che è il male e l’occasione di avere il male vicino, poter assistere da posti di primo piano, poter vivere, attraverso un tramite molto vicino, l’azione cattiva,l’azione maligna; è indispensabile –voglio cercare di dire – di caricarsi questo aspetto, affrontarlo, tranquillamente e senza pregiudizio leggerlo e caricarlo, reagendo ad esso.
Ben venga l’esempio della cattiveria, dell’azione maligna di chi conoscete, dell’amico, del caro…ben venga la reazione vostra. L’affronto, il carico dell’azione, sarà più importante, più completo quando l’azione cattiva viene fatta da qualcuno a cui volete bene, qualcuno che avete riconosciuto e fatto vostro; per forza di cose dovete caricare parte di ciò che è avvenuto.
Avviene naturalmente, è un coinvolgimento che non sempre è dettato dalla mente, ma molte volte da vincoli più profondi e saldi.
Gioite di questa possibilità, siate grati dell’occasione e fatela vostra.
Desidero dire anche qualcosa riguardo all’azione che deve avere il maestro nei confronti dell’allievo, del discepolo che a lui si pone, del discepolo che agisce nel male. Voi vi siete domandati come è possibile, eppure…invece io credo che il maestro di Pierangelo in questo caso l’abbia aiutato ad agire per come ha fatto e credo che questo suo aiutarlo sia stata la cosa migliore, per sé stesso e per Pierangelo. Ha permesso di esprimere fino in fondo ciò che era il desiderio, il bisogno. Può apparire folle ciò che sto dicendo, ma dipende dal punto di vista con cui lo caricate.
Io, se voglio bene a qualcuno, devo permettere a lui di essere ciò che realmente lui è, nel bene e nel male. Il mio volerlo correggere è violenza nei suoi confronti, il mio desiderare educarlo è violenza nei suoi confronti, se per “educare” intendo impedirgli di fare ciò a cui lui anela.
Ciò che è avvenuto ha permesso a Pierangelo di caricare completamente il fardello su di sé e fare in modo che sia completamente peso ora, al di sopra delle sue spalle, e non porzioni, non brandelli appoggiati qui e là, non bocconi o morsi, ma il reale fardello che peserà per la sua reale consistenza e finalmente prenderà atto di quale forza, energia, sostanza esso sia.
La mia affermazione, torno a ripetere, può sembrare folle, ma questo è ciò che io credo:rispettare la persona che desideriamo amare.
Ma ci deve essere un modo per prevenire tutto ciò;certo, c’è sicuramente ed è il modo che sto adottando nei vostri confronti: la mia libertà di esprimere ciò che ero quando ancora perseguivo il male è il modo – per me – di poterlo elaborare.
Se foste in grado tra di voi di permettere ciò, si passerebbe all’elaborazione, al superamento, alla maturazione, alla presa di coscienza non per forza attraverso all’azione ma attraverso un raggiunto livello di coscienza ,e accettare il compagno, la persona, comunque, che desideriamo amare per ciò che è,anche nel suo essere cattivo, maligno, permetterà a lui di esprimere, di prendere coscienza, di caricare peso in un modo sempre maggiore, migliore, più capace.
Permettere alla persona cui si vuole bene di esprimere sé stessa, senza giudicare, crea le condizioni affinché questo confronto divenga reale,vero.
Permettere alla persona cui si vuole bene di esprimere sempre più in profondità quali sono le forze, le pulsioni, i desideri senza giudicarlo, permette di esprimere completezza.
Nel momento in cui si impedisce invece ad un essere, di poter esprimere con tranquillità ciò che lui è anche nelle parti oscure, nelle parti maligne del sé, lui riserverà,creerà all’interno della sua bolla sempre una maggiore forza che premerà e scossoni grandi darà all’involucro di quella bolla, fino a che un’esplosione dirompente andrà a creare azione, reale azione concreta,vissuta.
Si può prevenire ciò, è facile farlo.
Il maestro che permette al discepolo di esprimere il suo essere maligno, il maestro che permette al discepolo di fare del male, è un discepolo che riceve amore dal proprio maestro. Permettetemi di esprimere questo mio pensiero che appartiene ad Emanuele.
Non è la Verità, non è il modo giusto; è Emanuele e basta.

E la domanda più ovvia, la più scontata: perché ci devono essere altre persone,a volte innocenti, che subiscono?
Si può dare senso anche a questo, non abbiate fretta, non sentitevene urtati.
Probabilmente il gruppo, la comunità, aveva bisogno di questo scossone. Qualcuno metterà in discussione ciò che era il normale equilibrio, il normale movimento, la normale professione di fede, e io credo che ciò sia un’ottima cosa. Probabilmente la comunità aveva bisogno di riconoscere quella parte non così luminosa, non così bella, e caricarla, abbracciarla e riconoscerne parte integrante e integrale in questo “essere comunità”. E’ quasi impossibile cogliere le vibrazioni che hanno creato un’azione di questo genere, ma è importante non averne timore.
Ben venga lo scossone che fa cadere le foglie secche dall’albero, ben venga lo scossone alle pareti delle case, che assesta e rende più stabili, ben venga la provocazione che porta ad interrogarci, ben venga il credere che non tutto sia controllato, che la protezione non vada a coprire ogni angolo, ma che un lembo possa rimanere scoperto, al di fuori di quella coperta che tutto protegge, tutto nasconde, filtra e fa da setaccio a ciò che arriva.
Così è ed è bene che così sia…
Il male, argomento affascinante…il male…argomento nostro…
E’ tempo, è tempo per me ora di terminare. A voi tutti il mio saluto, arrivederci.

Ancora adesso, io A., per li corpo comune, il nostro corpo comune.
Facciamo che sia qualcosa di grande, di importante, carico, forte.
Visualizziamo la catena, cerchiamo i nostri amici e i nostri cari defunti, cerchiamoli, diamo fattezze ai loro visi, diamo spazio ai ricordi che ce li evocano…cerchiamoli e portiamoli qui con noi.
Abbiamo bisogno di loro, siamo certi che ci possono aiutare…facciamo che sia una grande catena con tanti amici.
La candela davanti a C., la nostra amica C., sia punto di partenza e di arrivo. Sentiamo l’energia che circola, sentiamola ricca di tutti quanti noi che siamo qui, lasciamocene colmare e offriamola all’amico che accanto a noi si trova……………………………………………………
Lasciamo ora C. e visualizziamo il nostro prato, il nostro prato affollato di fiori; è un luogo di pace,di comunione, dove tranquillamente abbandonarci e, fiduciosi, chiedere e offrire…………..

Sentire Emanuele parlare di peccato e di male, mi fa tornare a ricordare ciò che era il peccato, il mio peccato. Mi fa ricordare la condanna di quei preti.
Non sono mai stato in grado di mostrare ciò che A. era. Se presto ho capito che non potevo cercare comprensione e indulgenza da parte di chi conosceva qual era il “verso giusto” di vivere, il modo corretto dei preti, non sono riuscito neanche con altre persone a condividere realmente, a porre A. in piena luce, per ciò che erano i miei desideri più nascosti, che questo mio per forza nasconderli mi costringeva a subirne gli scossoni, a sentirmi sporco, a riconoscermi come un essere…un essere che cercava sesso, a volte, nei bagni pubblici…e non potermi mai mostrare per questo mio bisogno,per questo mio fare, e il continuare a ripetere questa azione che poi mi dava visioni di sporcizia, non mi permetteva di superare, perché non trovavo comprensione da parte di nessuno.
Esiste un amore anche impuro….è di A. che sto parlando.

Me ne vado ora. Un bacio a te, C., e a voi tutti, amici.